Il romanzo ha inizio con l'assedio del forte di Famagosta
da parte dei Turchi e della sua resa da parte dei Veneziani, che comporta
la consegna delle chiavi della città e l'assassinio da parte
di Mustafà Pascia di Marcantonio Bragadin e di tutto il suo
Stato Maggiore. Allo Stato Maggiore appartenevano anche il nobile
veneziano Alvise Fontana, luogotenente di Bragadin, e suo nipote Fabrizio
Rainér , ventenne. Al momento della strage al giovane viene
risparmiata la vita ma, fatto prigioniero, viene deportato come schiavo
su di una nave in rotta verso Costantinopoli. Prima di morire Alvise
Fontana, che aveva intuito quale sarebbe stato il comportamento dei
Turchi, confessa al nipote che durante una sua precedente prigionia
a Costantinopoli aveva avuto una relazione con Myriam, un'altra schiava,
e che da questa era nato un figlio che lui non aveva mai conosciuto
perché era stato rilasciato dai turchi a seguito di uno scambio
di prigionieri prima della sua nascita. Prega pertanto Fabrizio Rainér
di ricercare la sua creatura e di proteggerla. Per riconoscerla gli
consegna uno zecchino spezzato, unica ricchezza rimastagli dopo il
suo arresto a Rodi, l'altra parte del quale era stata data a Myriam
come pegno delle loro promesse.
Dopo un lungo viaggio in mare viene sbarcato a Costantinopoli e acquistato
da un mercante di schiavi.
La fortuna vuole che durante la sua vendita al mercato degli schiavi
(con un suo tentativo di fuga) tra la folla passi di lì il
Bey di Tunisi. La folla ondeggia, si raggruppa ai lati della strada
e lo stesso Fabrizio Rainér si ferma in contemplazione di un
sorprendente Bey biondo. Questi aveva assistito alla scena accaduta
sul palco di vendita e attratto dall'aspetto fiero e nobile del giovane,
lo acquista in qualità di schiavo addetto alla sua persona.
Fabrizio nota subito la straordinaria somiglianza tra il biondo Bey
e suo zio Alvise Fontana. A bordo del vascello del Bey, durante un
colloquio tra i due giovani si arriva alla rivelazione della parentela
tra loro esistente. Fabrizio Rainér viene dunque accolto con
tutti gli onori riservati ad un parente ma purtroppo sin dai primi
momenti le loro diverse fedi religiose scavano un profondo abisso
tra i due. Fabrizio in modo troppo affrettato pretende il riconoscimento
da parte del Bey della sua italianità e della sua fede cristiana,
ma ciò non avviene ed il Bey, pur mantenendo la sua parola
data in merito all'accoglienza, dichiara che i due sarebbero stati
soltanto due estranei. Fabrizio capisce che da quel momento in poi
avrebbe avuto un nemico nel cugino.
A Tunisi
Fabrizio conosce il segretario del Bey, Ysmail Effendi, un avventuriero
francese che ha rinnegato la sua fede cristiana. Capisce anche subito
che il suo lavoro per la redenzione del cugino sarebbe stato intralciato
dall'avventuriero che ha tutto l'interesse affinché il Bey
rimanga mussulmano. Il giovane è sicuro che Ysmail Effendi
fa il doppio gioco e che tutta la sua dichiarata fedeltà al
Bey gli sarebbe servita solo per tradirlo.
Fabrizio Rainér viene anche ammesso nell'harem del cugino,
composto da donne provenienti da ogni parte dell'Asia e dell'Africa.
Tra queste una nuova arrivata, una bella ragazza circassa, ultimo
acquisto effettuato dal capo degli eunuchi, nella quale Fabrizio riconosce
Elmira, una schiava venduta prima di lui al mercato di Costantinopoli.
Il Bey è colpito immediatamente dalla sua straordinaria bellezza
e dal suo portamento regale e se ne innamora all'istante, decidendo
così di farne la sua favorita. Elmira viene così convocata
la sera stessa dal Bey, ma prima di recarsi nelle sue stanze ella
si reca da Fabrizio a cui confida di essere cristiana, figlia di un
potente Can (specie di Re nell'ambito della sua tribù), di
essere emigrata a causa di una carestia insieme con il suo popolo
in Georgia, dove sono stati attaccati dai Turchi che le avevano ucciso
i familiari; da lì era stata portata a Costantinopoli.
Il segretario
del Bey nel frattempo trama alle spalle di Fabrizio. Da parte sua,
il Bey continuava nelle sue crudeltà facendo sbranare vivi
dai suoi leoni dei poveri malcapitati e facendo frustare i suoi schiavi.
Fabrizio è convinto che a far montare sulle furie il Bey sia
quell'anima malvagia del segretario, che gi insinua sospetti ora su
l'uno ora su l'altro dei suoi cortigiani. Ultima sua vittima è
uno schiavo siciliano, precedentemente conosciuto da Fabrizio durante
il suo viaggio da Famagosta a Costantinopoli, Rosario Abbate. Il poverino,
fuggito da una nave all'ancora nel porto, viene sorpreso nel giardino
del Bey a rubare un frutto da un albero. I due giovani si riconoscono
con emozione. Fabrizio si rivolge allora al Bey, consapevole della
sorte che aspetta Rosario, e lo prega di ascoltare in futuro le parole
del cugino per poter essere un re felice "perché la potenza
priva della bontà fa di un uomo un bruto".
Il Bey si arrabbia ancora di più a queste parole e fa sbranare
il povero schiavo dai suoi leoni con orrore di Fabrizio e di Elmira.
Non è questa la prima volta che il Bey fa "giustizia"
tramite i suoi leoni ma questa volta la tragica fine di Rosario Abbate
lascia una profonda impressione su Fabrizio. Inoltre la presenza al
suo fianco di Elmira inizia a produrre in lui un qualche cambiamento.
La ragazza, nonostante una corte assidua e l'offerta dei doni più
ricchi da parte del Bey, non è affatto attratta da lui, che
invece le incute orrore. La ragione è che si sta innamorando
di Fabrizio, il quale tuttavia non corrisponde affatto il suo sentimento.
Il Bey se ne accorge e viene roso da una torbida gelosia che sfocia
in un attacco diretto al cugino, sospettato di essere suo rivale in
amore. Fabrizio si difende, controbatte le accuse del Bey e lo accusa
di rinnegare volontariamente il proprio paese e la propria fede. Dopo
questo scontro, Fabrizio si rinchiude sempre più in se stesso
evitando la compagnia di chiunque. Unica sua soddisfazione è
quella di dedicarsi ad opere di bene. Frequenta i quartieri malsani
della città dove le strade strettissime e ripide sono veri
focolai di epidemie. Lì porta un soccorso morale e materiale.
A poco a poco la malevolenza con cui era stato accolto all'inizio
si trasforma in una vera ammirazione, un'idolatria quasi religiosa.
Il Bey occupato in affari di stato non si accorge dell'operato del
cugino, ma è il segretario a sussurrargli maligne insinuazioni
su voci inesistenti di un complotto ordito a suo danno da parte di
Fabrizo. Il sottile veleno del francese agisce senza che il Bey se
ne accorga. Una sera questi monta a cavallo per la sua solita passeggiata
ma invece di recarsi sul litorale come suo solito si dirige verso
i quartieri bassi. Il segretario tenta di trattenerlo paventandogli
pericoli inimmaginabili, ma il Bey viene accolto non con la solita
paura, bensì con applausi di gioia, addirittura un ragazzo
gli si avvicina tremante di emozione per ringraziarlo della sua generosità
grazie alla quale era stata curata la madre destinata altrimenti a
sicura morte. Capisce allora che il cugino benefica il popolo a suo
nome. Il segretario tenta di sminuire l'impressione prodotta dall'accaduto
sul suo padrone ma questi oramai ha compreso la malafede del francese.
Quella
sera il Bey convoca Elmira nei suoi appartamenti. Al rifiuto della
ragazza di concedersi e all'accusa fattale da parte del Bey di amare
un altro uomo e di saper lui come disfarsene, la povera Elmira confessa
di essere cristiana. Il Bey ritiene che sia la prova che l'amato dalla
ragazza è l'odiato cugino. A nulla valgono le parole della
poverina sulla falsità dei suoi sospetti. Atterrita all'avanzare
del Bey, la ragazza si porta a ridosso della balaustra del balcone.
Alla promessa di gioie e ricchezze la schiava gli rinfaccia la diabolicità
di queste e al grido di "Mater purissima, ora pro nobis"
si getta nel vuoto.
Per fortuna l'intervento precipitoso del Bey e l'arrivo provvidenziale
dei lionieri impediscono ai leoni, che girano liberi nel giardino,
di sbranare la poverina. La ragazza se la cava con la sola frattura
di una gamba e con un lungo periodo di immobilità assoluta.
L'episodio comunque serve a riappacificare i due cugini e a compiere
il miracolo della conversione di Jussuf Bey: questo atto fa nascere
nella schiava Elmira l'amore per lui.
Nel frattempo
il perfido segretario non è stato inoperoso. Egli comprende
che la conversione al cristianesimo del Bey sarebbe servita ottimamente
ai suoi fini: sarebbe stata la scintilla che avrebbe acceso l'incendio
della rivolta della fanatica popolazione mussulmana.
Fabrizio Rainér, che sa che il francese complotta contro il
Bey, lo tiene d'occhio ed una sera intercetta un suo complice che
gli recapita un dispaccio criptato. Il francese voleva vendere la
Tunisia quale nuova patria agli Ugonotti. La rivolta contro il Bey
da lui architettata avrebbe fatto sì che questi ultimi sarebbero
stati accolti come liberatori nonostante la differenza di fede. Ysmail
Effendi, l'avventuriero francese, scrive la risposta, tenta di svegliare
il complice che dorme profondamente, tanto da crederlo morto avvelenato
ma si rende conto che è stato drogato: si sente scoperto, tenta
la fuga, ma la porta è ormai sorvegliata dagli arcieri. Arrestato
e tradotto nelle prigioni, terrorizzato dalla fine che lo attende,
riesce a corrompere il suo carceriere e a fuggire nella notte, ma
non fa i conti con i leoni del Bey. Viene ridotto in fin di vita e
a nulla valgono i soccorsi.
23 agosto
1571. A Messina si danno appuntamento tutte le navi messe a disposizione
dai Veneziani, dai Genovesi, dalla Spagna, dall'Austria e dallo Stato
Pontificio per questa nuova crociata contro i turchi organizzata da
Pio V: "Una vera presa di posizione dell'Europa civile contro
l'Asia barbarica; ma soprattutto la rivincita tanto attesa della grande
nazione mediterranea contro gli usurpatori del suo buon diritto".
Le notizie da Cipro sono sempre arretrate, dati i mezzi dell'epoca,
così nessuno sapeva della tragica fine di Marcantonio Bragadin
e dei suoi compagni.
A Tunisi
la situazione precipita. La notizia che la flotta cristiana è
giunta a Petalà ha infiammato gli animi. Il Bey decide con
il cugino di partire per raggiungere la flotta. Mentre l'insurrezione
dilaga i fuggiaschi riescono a raggiungere il porto ed imbarcarsi,
mentre una frotta di scalmanati accorre presso la spiaggia.
I tre raggiungono la flotta veneziana e si dirigono verso la nave
capitanata da Sebastiano Venier. Nel frattempo il Bey è stato
battezzato ed ha assunto il nome di Marco Fontana.
Giunti
a Lepanto, avviene lo scontro con la flotta turca.
Durante la battaglia Fabrizio Reinér viene ferito a morte mentre
era andato in soccorso del cugino Marco Fontana. Portato nella sua
cabina svenuto, mentre Elmira tenta di rianimarlo e Marco Fontana
gli sbottona la giubba, si sente un grido di stupore. Dio di misericordia!
Una donna!
Ebbene sì: Fabrizio Rainér non era il figlio di Marco
Rainér ma la figlia Aloysia.
Elmira sola era a conoscenza del suo segreto. Marco Rainér
aveva ardentemente desiderato un primo maschio, tanto più che
era in partenza contro i Turchi. Nacque invece una bambina, e allora
fin da quel giorno la piccola Aloysia divenne Fabrizio Rainér
per tutti, tranne che per Alvise Fontana ch'era a conoscenza del segreto.
Un mese dopo morì anche la madre e tutore della bambina divenne
lo zio. Il padre Marco Rainér fu decapitato da un corsaro sotto
gli occhi del Fontana al quale prima della battaglia aveva raccomandato
di allevare la figlia come se fosse stato un maschio e "istillarle
l'amore per il servizio del mare". Ella fu pertanto allevata
come un maschio.
Quando Marcantonio Bragadin partì per Cipro, Aloysia domandò
di seguirlo per vendicare il padre.
Mentre il cappellano è presso Alòysia/Fabrizio, Elmira
confessa al fidanzato (il Bey/Marco Fontana) che sua cugina è
innamorata di lui e che aveva taciuto per non distruggere la sua felicità.
La rivelazione sconvolge il giovane. Nel frattempo Sebastiano Venier
si reca dalla morente portandole il "brevetto" a riconoscenza
del suo valore. L'ultimo pensiero di Aloysia/Fabrizio è per
il mare d'Italia. All'alba il corpo di Alyosia Rainér cala
lentamente nelle onde avvolto dal gonfalone di San Marco. Un'ora dopo
la flotta salpa verso la Patria.
©
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Liberamente ridotto da Elisabetta Filippetti