Lucia de Bellegarde de Saint Lary appartiene ad una antica e nobile
famiglia di origini francesi. L'albero genealogico, frutto delle ricerche
della stessa Lucia insieme con il padre, risale al XIII secolo, con
il capostipite Bertrand de Saint Lary. Il ramo che porta direttamente
a Lucia de Bellegarde discende da Jean de Saint Lary; nel 1498 Raymond
de Saint Lary sposa Miramonde de Langursan, unica figlia di Roger de
Langursan Seigneur de Bellegarde, feudo
quest'ultimo che entra così a far parte della casata dei Saint
Lary. A circa metà ottocento i due patronimici vengono scambiati,
e Bellegarde passa come primo nome: la famiglia Saint Lary de Bellegarde
diventa così de Bellegarde de Saint Lary. Chiamata dunque normalmente
Lucia de Bellegarde, la scrittrice sceglie come proprio pseudonimo il
secondo dei suoi cognomi, e diventa Cia Lary. E' interessante notare
com'ella stessa pronunci il suo nome: Larì, alla francese.
La famiglia originaria risiede in Francia, ma la rivoluzione del 1789
la porta alla completa rovina: essendo una delle più antiche
e cospicue, i rivoluzionari si accaniscono contro di essa, incarcerando
sotto il Terrore persino le donne i bambini, e aliendandone tutti i
beni. Un Saint Lary combattè i rivoluzionari al fianco di Condé,
ma, come si sa, la storia non fu dalla parte dei nobili. La famiglia
quindi si trasferisce in Italia, dove sotto Carlo Alberto prende la
nazionalità italiana. Il conte Federico, bisnonno di Lucia, scrive
le sue memorie nel 1882, dove racconta tutte le vicissitudini passate.
La dedica è questa: "Figli e nipoti miei, per la ragione
che in mancanza di tordi si mangiano i merli, così per difettanza
di avito patrimonio, vi lego questi ricordi miei." Il conte Federico
era una persona notevole: lasciò, oltre alle sue memorie, anche
12 figli.
Uno di questi, Roberto, ebbe quattro figli: Enrico, padre di Lucia,
Roberto, Margherita e Rhodina. Il ramo di Lucia de Bellegarde de Saint
Lary, dunque, discende dal conte Federico, ma non in linea diretta.
Il conte Enrico (1879-1941) sposa il 1° febbraio 1917 Eleonora Ruffo
di Calabria (1889-1977): dall'unione nascono quattro figli: Carlo (1917-1994),
che lascia i flgli Enrico ed Ilaria; Lucia (1920-2016), Anna (1928-2014),
e Paolo (1925-1945), morto di tifo in giovane età.
Lo stemma araldico della famiglia.
I primi due quarti rappresentano il casato originario: 1 (in alto
a sin.) il leone rampante coronato in campo azzurro dei Saint Lary;
e 2 (in alto a ds.) le pale giallo-rosso; 3 (in basso a sin.) il
vaso d'oro in campo rosso rappresenta il casato d'Orbessan; 4 (in
basso a ds.) tre mezze pale d'argento fiammeggianti in campo azzurro
rappresentano il casato de Termes. Al centro, sovrapposto, lo stemma
con la campana d'argento in campo azzurro rappresenta il casato
di Langursan de Bellegarde, ultimo aggiunto.
|
Lucia Geltrude
Maria nasce l'8 marzo 1920 nel Palazzo Cellamare a Napoli; i fratelli
e la sorella nascono a Firenze, nella casa di famiglia, ma in quel periodo
il conte Enrico era di stanza a Napoli, comandante di una torpediniera,
e la famiglia l'aveva seguito. Il conte Enrico era comandante militare
e partecipò ad entrambe le guerre mondiali, dove guadagnò
due medaglie d'argento: una nella Prima, ed una nella Seconda Guerra
Mondiale, purtroppo alla memoria, poichè egli affondò
col Conte Rosso di cui era comandante. Lo splendido transatlantico era
stato requisito dalla Marina militare per il trasporto truppe, ma venne
colpito e si spaccò in due tronconi; il comandante si preoccupò
di far scendere le scialuppe di salvataggio e mettere in salvo tutti
i soldati, e lassù rimase, finchè fu troppo tardi. Trovarono
la salma all'alba del giorno seguente.
Lucia frequenta il ginnasio a Viareggio, poi a sedici anni entra all'Istituto
Francese di Grenoble a Firenze dove ottiene il diploma di secondo grado;
per approfondire l'inglese frequenta l'Istituto Inglese di Santa Reparata.
Viaggia ben presto: il primo soggiorno a Parigi risale al 1950. In seguito
trascorre un paio d'anni in Inghilterra dal 1951 insieme con la sorella
Anna, e vi rimane fino al 1953 circa. Successivamente trascorre un lungo
periodo negli Stati Uniti, che visita per esteso. Ad Harvard frequenta
un seminario internazionale organizzato da Henry Kissinger, all'epoca
Segretario di Stato; vi partecipano 39 uomini e sei donne, di cui solo
due italiane. Dato che parla correntemente tre lingue, per un certo
periodo lavora come hostess turistica a Firenze.
Per sua stessa ammissione, il viaggio che più la commuove è
quello in Terrasanta (dove andrà per due volte, nel 1982 e 1986).
Di queste visite rimane il testo Impressioni sulla Terra Santa,
inedito. Anche la sorella Anna, che l'accompagna nei viaggi, scrive
un testo analogo, anche questo inedito. Profondamente cristiane, le
due sorelle si recano anche a Medjugorjie (Bosnia Herzegovina) nel 1987.
Inizia a scrivere per diletto, forse per burla. Ha solo 19 anni quando
scrive nel 1939 Il serpente di giada. Il manoscritto gira
tra gli amici, e tanto forse le basta, ma sua compagna di classe all'Istituto
Inglese di Santa Reparata è una delle figlie di Mario Salani,
Franca, a cui propone di presentare il manoscritto al padre. Detto fatto,
il romanzo viene immediatamente pubblicato nel 1942, non nella collana
"Biblioteca delle Signorine", come lei supponeva, ma in quella
dei "Grandi Romanzi", al numero 128, perchè viene giudicato
"inadatto" a delle fanciulle. 'Me ne mandi uno al mese e io
lo pubblico', le dice Salani. Così, nel 1944, viene pubblicato
I sette paladini. Poi è la volta di E l'anello
cantò ... pubblicato con il suo vero nome nel 1950 da
Marzocco. Seguono Tre sulla traccia (1953), Il
settimo aquilone (1954), E c'eran tre donzelle...
(1956), tutti e tre per la casa editrice Salani, e infine Le piume
d'oro, uscito su Nazione Sera insieme ad altri racconti,
in seguito pubblicato in volume per la Fratelli Fabbri Editori di Milano
nel 1959, con il suo vero nome. Tuttavia decide di non proseguire la
carriera, e qui infatti si ferma. Nel 1954 aveva pubblicato a sue spese
un libro di meditazione sui misteri del rosario, dal titolo Per
Mariam ad Jesum, con il contributo dello zio materno Baldassarre
Ruffo di Calabria, Principe di Scilla. E' uno zio molto amato, colui
che si prende cura della famiglia dopo la scomparsa del conte Enrico.
Lucia scrive inoltre i testi per due santini con "spunti di meditazione
sul sacro rosario".
Villa
Acquabona dipinta da Lucia de Bellegarde
Lucia è anche brava acquerellista e ritrattista. Esegue degli
schizzi ai fratelli, alla sorella, e dipinge un delizioso piccolo quadro
a pastello rappresentante la villa dove la famiglia trascorreva le vacanze
estive, Villa Acquabona, situata nell'Appennino tra Porretta e il passo
della Futa, nelle vicinanze di Montepiano (villa che fu ceduta negli
anni Sessanta). I lettori affezionati di Cia Lary ricorderanno questa
villa, ampiamente descritta come I castagnoli in C'eran
tre donzelle.
L'autrice infatti descrive nei suoi romanzi ciò che conosce,
e mette tranquillamente sulle pagine (sette romanzi più un racconto
lungo) personaggi veri,
episodi di vita vissuta. Così dichiara Lucia de Bellegarde, una
signorina deliziosa, dolce, che non dimostra affatto l'età che
ha e che, quando sorride in modo accattivante ed ingenuo, è un
miscuglio tra la turbolenta Diana de Il serpente di giada,
l'esuberante Elisabetta di Tre sulla traccia, la sognatrice
Gabriella di C'eran tre donzelle, la vivace Marina de
Le piume d'oro.
Il primo romanzo, il più lungo e totalmente di fantasia, Il
serpente di giada, viene iniziato nel 1939 ed interrotto per
la tragica morte del padre. Lucia perde per molto tempo la voglia di
continuare a scrivere, ma, per le insistenze della madre che aveva capito
le sue potenzialità di scrittrice, lo riprende e viene infine
dato alle stampe nel 1942 per la casa editrice Salani. La magica atmosfera
del deserto, l'ambiente degli arabi, hanno qualcosa di salgariano: Lucia
era una appassionata lettrice di Salgari e può averne in qualche
modo subito l'influsso. La sua abilità di cavallerizza ha ricreato
superbamente il veloce e ridondante galoppo dei cavalli sulle dune assolate,
immedesimandosi nella protagonista Diana di Corbara. L'ambiente francese
della prima metà del Settecento è un omaggio agli antenati
della famiglia Bellegarde, particolarmente alla zia Carlotta, nata nelle
carceri del Terrore a Belfort, in Alsazia, dal carattere allegro e vivace,
quasi un maschiaccio e alla quale Lucia asserisce di assomigliare.
Nel 1944 esce I sette paladini. Sette ragazzi,in vacanza
dai nonni a Terracina, fanno appunto da "paladini" alla cugina
Falchetta, gaia, briosa, la proiezione di Lucia. Così come per
i giochi, le scorribande e tutta l'euforia che percorre il romanzo,
l'ispirazione è data dai numerosi cugini e amici da lei frequentati.
L'esibizione dei ragazzi in un dramma inventato, "Corona insanguinata",
è dovuta alla passione di Lucia per la recitazione, poiché
lei stessa amava dilettarsi nei "teatrini" casalinghi.
E l'anello cantò è una raccolta di 17 racconti
per bimbi magistralmente illustrati da Bartolini Salimbeni, per la casa
editrice Marzocco. L'anello è un cerchio di ferro incastrato
nel muro a cui venivano legati gli asini; quando il muro viene distrutto,
l'anello viene fuso e trasformato in batacchio, e così, felicemente,
il giorno di Pasqua canta l'Alleluja.
Per la collana Biblioteca delle giovinette viene pubblicato Tre
sulla traccia. Assolutamente il romanzo più esilarante,
è l'excursus di un'annata scolastica al liceo di Viareggio di
tre ragazzi, Paolo, la sorella Cristina e l'amica Elisabetta. Anche
qui un romanzo nel romanzo, il "ro" come loro lo definiscono,
che viene scritto dai ragazzi tra un'avventura e un mistero risolto,
un furto compiuto da un tipo laido che non poteva che essere soprannominato
"Untobisunto". E Rango, lo scimmiottino di peluche di Elisabetta
che viene prestato a Paolo come portafortuna, è preso dalla realtà:
esso è ancora gelosamente conservato e perfetto, con il suo vestitino
rosso e blu.
Nel 1954 esce, per la Biblioteca delle signorine, Il settimo
aquilone. La residenza di Cecilia de' Bardi a Montefratto, paesino
sugli Appennini, prende ispirazione ancora una volta dalla villa che
i Bellegarde possedevano a Montepiano, Villa Acquabona. Oltre a dipingere
Lucia si dilettava di scultura ed ecco la descrizione del genietto di
argilla che Cecilia plasma e tiene sempre con sé.
Avventura, mistero, un tesoro scomparso poi ritrovato, il tutto permeato
da vivacità e ilarità che fanno intuire come l'autrice
dovesse essere sempre di buonumore. In calce al romanzo un racconto
di una cinquantina di pagine, Gita a sei, pure colmo di
battute ed estrosità di sei ragazzi durante una gita a Castiglioncello.
C'eran tre donzelle, del 1956, è nuovamente la
proiezione di Lucia in Gabriella, mentre Diamante è la sorella
Anna e Rezia una loro amica; le tre fanciulle passano l'estate in montagna
alla villa I Castagnoli (Villa Acquabona), nei luoghi vissuti
ed amati veramente. Par di vedere le tre fanciulle saltellanti nell'acqua
"chioccolante" del ruscello mentre cantano allegre "
e
c'eran tre donzelle, firulì, firulà". Presente, come
nella realtà e come in Tre sulla traccia, la domestica
Chietta. La meraviglia di Gabriella nel trovare tre cuori in un pollo
che si appresta a cucinare è una storia che le sorelle Lucia
ed Anna ricordano ridendone ancora, dovuta alla loro inesperienza di
cuoche.
Nel 1959 esce l'ultimo romanzo, Le piume d'oro, il più
vero, in cui Marina-Lucia è scrittrice a tempo perso e fa la
hostess sulla linea aerea Firenze-Roma per aiutare la famiglia numerosa
che, con la perdita del padre, si trova in difficoltà finanziarie.
La mite e tranquilla Barbara è, senza dubbio, la dolcissima Anna
de Bellegarde. Il topone Mitridate che mangiava le provviste della dispensa
era stato davvero un problema per tutti e, quando viene finalmente catturato,
il loro buon cuore si rifiuta di ucciderlo e lo lasciano libero in campagna,
quando ancora "fuori Porta Romana la via Senese si snodava tra
le colline chiazzate dal giallo delle ginestre e con la cresta frangiata
di pini." La gatta Mammuzza, trovatella, adottata all'unanimità,
era una delle varie mascotte della famiglia Bellegarde.
|
|
|
|
Cia
Lary,
I sette paladini
Salani, 1944
ill.
di Giorgio Tabet
|
Cia
Lary,
Il settimo aquilone
Salani, 1954
ill.
di Ugo
Signorini
|
Cia
Lary,
E c'eran tre donzelle ...
Salani,
1956
ill.
di Giorgio Tabet
|
Lucia
de Bellegarde,
Le piume d'oro,
F.lli Fabbri Editori, 1959
ill. di Cattaneo
|
|
N.B.
in calce c'è un racconto
di cinquanta pagine,
sempre di Cia Lary,
intitolato Gita a sei
|
|
|
Una
poesia di Cia Lary
scritta per il nostro sito...
|
Lucia
de Bellegarde de Saint Lary
(settembre 2009)
La
famiglia Bellegarde de Saint Lary
nel 1935
Lucia e Anna
de Bellegarde de Saint
Lary
insieme con i genitori nel 1938
L'area occupata da
Palazzo Cellamare
in centro a Napoli, tra le vie
Chiaia e Filangieri
(CLICK
TO VIEW)
Il ritaglio del trafiletto
uscito sul quotidiano Il Giorno di Napoli il 21 marzo 1920 che
riporta la cerimonia del battesimo di Lucia de Bellegarde
(CLICK
TO ENLARGE)
Cia
Lary,
Il serpente di giada,
Salani, 1942
La fiducia che Mario Salani aveva nella giovane scrittrice è evidente
da questa fascetta che accompagnò la prima edizione del titolo
Lucia
de Bellegarde,
E l'anello cantò ...
Marzocco, 1950
Ill. di Giancarlo Bartolini Salimbeni
Lucia
de Bellegarde,
E l'anello cantò ...
Marzocco, 1950
ill. interna di G. Bartolini Salimbeni
per
la novella C'era una volta un re
che venne anche pubblicata sul giornale La Settimana dei
Ragazzi diretto
da Laura Orvieto.
(CLICK
TO VIEW)
Lucia
de Bellegarde,
Per Mariam ad Jesum
Tip. La Madonnina del Grappa,
Rifredi, 1954
|