Onorato
Fava nasce il 7/7/1859 a Collobiano (Vercelli); è compagno di
scuola di Armando Diaz. Trasferito a Napoli, frequenta l'Università
dove è allievo di Francesco De Sanctis. Dapprima impiegato al
Banco di Napoli, diviene in seguito titolare di una cattedra di letteratura
italiana presso le scuole medie, attività che mantiene per ben
36 anni. Nel 1877 è corrispondente della rivista La Muse
di parigi, fonda il periodico Lo Studente, scrive sulla Gazzetta
Letteraria di Torino, dove appaiono le sue prime novelle, insieme
con quelle di Matilde Serao. Nel 1880 partecipa al concorso bandito
dal Corriere del Mattino per la migliore novella, e vince con
Provvidenza. Insieme con Salvatore Di Giacomo e altri
collaboratori fonda il periodico letterario Fantasio. Pubblica
nel 1885 Vita napoletana, una raccolta di novelle, presentato
all'editore da una lettera di Giovanni Verga, seguito da Vita
nostra. Esce nel 1886 Le storielle di Francine.
Nel 1890 appaiono i primi libri per fanciulli, tra i quali il famosissimo
Granellin di Pepe (ed.Treves) con il quale vince la medaglia
d'oro all'expo internazionale di Edinburgo e la medaglia d'argento all'expo
internazionale di Parigi.
La via della sua vocazione è la scrittura creativa. Nel 1888
a Bologna conosce il Carducci (che lo apprezza molto, e così
anche il D'Annunzio). E' notissimo negli ambienti letterari di cui frequenta
gli esclusivi circoli. Frequenta anche i salotti letterari della Napoli
bene dove conosce Clara Masucci, pittrice, che sposa nel 1891.
Nel luglio 1892 gli viene conferita dal Ministero della Pubblica Istruzione
la medaglia d'argento dei Benemeriti dell'Educazione Popolare; nel 1993
pubblica la raccolta di racconti Acquerelli e nel 1994
Rinascimento. In quest'anno ha l'onore di rappresentare
l'Italia al Congresso letterario internazionale di Anversa. Nel 1919
gli viene conferita la Commenda del Regno d'Italia, e nel 1923 gli veiene
intitolata una scuola elementare a Napoli.
Così definisce egli stesso il suo modo di scrivere: "Scrivo
su foglietti volanti, da un solo lato [...] ricopio da me stesso ogni
mio lavoro, ciò che mi produce uno sciupìo considerevole
di tempo, ma ciò che a me sembra necessario perchè spesso,
nel ricopiare, modificoparole e frasi." E ancora: "Talvolta
mi innamoro di un nome, di un titolo e su quello costruisco una novella
o un libro. Così nacque Granellin di Pepe nel quale soprannome
vidi subito un bimbo bruno, minuscolo [...] così nacque Trezzadoro,
la bionda fanciulla di Capri." Spesso svolgimento e titolo dunque
nascono insieme e si completano, come avviene in Rinascimento,
Francolino, Contro i più, La
rinunzia. In Sonatine (raccolta di prose) Fava
rivela una dolcezza poetica atta a descrivere miniature di ambienti,
dai personaggi lievi e poetici. In Gazzella (romanzo del
1918) la protagonista è definita da un critico 'piccola selvaggia
adorabile, libera dalle convenzioni e dotata di raro senso estetico'.
Invero nel cuore di Onorato Fava abita il fanciullo pascoliano, che
parla il linguaggio misterioso per i cuori gentili che sanno ascoltare.
Per quanto assiduo di circoli e salotti, nonchè insegnante, Onorato
Fava rinuncia tuttavia a parlare in pubblico: "Sono stato sempre
restìo a tenere conferenze per un sacro terrore del pubblico."
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Nel
1892 Riccardo Carafa, Giuseppe Ceci, Luigi Conforti, Benedetto Croce,
Salvatore Di Giacomo, Michelangelo Schipa e Vittorio Spinazzola davano
vita a Napoli Nobilissima, con l’intento di scrivere una storia
topografica e artistica della città di Napoli e con il fine, dichiarato,
di contribuire alla “conservazione, al rispetto, al miglioramento di
tutto quel che rappresenta il nostro patrimonio antico”. Alla rivista
collaborarono le più importanti firme dell’epoca.
Benedetto
Croce e Salvatore Di Giacomo
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Fotografia
tratta da: Mario Gastaldi, Onorato Fava - la vita e le opere,
Quaderni di poesia di E. Cavalleri, 1933
Nel 1889 Onorato Fava è socio fondatore
della Società dei Nove Musi, costituita da Benedetto
Croce; ne fanno parte Francesco Nitti, il poeta e orientalista
Francesco Cimmino, l'avvocato Michele Ricciardi, l'archeologo
Vittorio Spinazzola, Michelangelo Schipa, il critico d'arte Vittorio
Pica, il giornalista e scrittore Carlo Petitti. Più tardi
si aggiunge
lo scrittore e storico Giuseppe Ceci, amico di collegio del filosofo,
e per l'occasione viene coniato il distico: Al grato arrivo
di Peppino Ceci / i Nove Musi diventaron Dieci. Per la storia
di questa curiosa associazione bisogna risalire un po' indietro
nella storia della città.
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Alla fine dell'800 centro della vita di Piazza
Dante erano il caffè Diodato e i suoi spettacoli estivi e il centro
culturale rappresentato dalla libreria di Luigi Pierro (festeggiato
nel 1890 poichè insignito della Croce di Cavaliere del
Lavoro) ed i suoi frequentatori: Benedetto Croce, Michele Scherillo,
Michelangelo Schipa, Onorato Fava, Salvatore di Giacomo, Enrico
de Nicola, Giovanni Porzio, Giuseppe Ceci, Ferdinando Russo. Il
Pierro mise poi una stamperia nei pressi del Banco di Napoli allo
Spirito Santo nella quale stampò, fra l'altro, le poesie di Di
Giacomo e quelle di Ferdinando Russo. A tutt'oggi il centro dei
circoli letterari è Port'Alba, e il sottoportico che conduce
da piazza Dante a via Toledo si chiama Vicolo dei Librai.
I letterati tuttavia non disdegnavano di gustare l'arte della
gastronomia, che è sempre stata molto fiorente nel Regno di Napoli,
fin dai tempi antichi. Le corti angioine e aragonesi, la corte
dei Borbone e soprattutto la parentesi napoleonica influenzò
infatti non solo il costume ma anche la cucina. Tra coloro che
dedicano particolare attenzione alla storia culinaria e gastronomica
napoletana un posto di riguardo spetta a Salvatore di Giacomo
(*) che nel 1899, nell'ottavo volume della rivista Napoli Nobilissima,
da lui fondata insieme con Benedetto Croce, scrive un saggio,
Taverne famose napoletane. Sempre numerose sono state a
Napoli taverne, locande ed osterie. Nel corso dell'Ottocento divenne
famosa, tra le altre, una dinastia di cuochi: quella dei Micera,
che decide di aprire un proprio locale che chiamerà 'Pallino'.
Alla morte del fondatore, avvenuta nel 1860 quasi centenario,
gli subentra nella gestione del locale l'unico figlio, anch'egli
detto Pallino. La sua mensa, a differenza di quella del padre,
è invece meta di scrittori, artisti e musicisti, così come
sarà a sua volta quello del figlio, sempre detto Pallino.
Nel 1890 questo celebre ristorante diventa la sede ufficiale della
Società dei Nove Musi, fondato da Benedetto Croce nel retrobottega
proprio della libreria di Luigi Pierro in Piazza Dante. Lo scopo
principale di questa società di amici è quello di solennizzare
l'uscita di ogni nuovo libro di ciascuno dei soci e ciò deve avvenire
alla tavola di Pallino. Hanno anche creato una sorta di impresa
araldica: una forchetta e un coltello al naturale incrociati in
campo bianco. Naturalmente si pensa di redigere lo statuto, affidato
al Croce. Prima dello statuto, però, esiste già l'articolo programmatico
che solennemente recita: "La Società dei Nove Musi non può riunirsi
che a tavola". Quando poi il filosofo vuol dare lettura ai soci
dei vari articoli composti è obbligato, a norma del primo, ad
invitarli tutti a pranzo da Pallino. A pagare il conto ci pensa,
di volta in volta, l'artefice dell'ultimo lavoro pubblicato. Solo
che non tutti pubblicano allo stesso modo e qualcuno rischia di
dover pagare sempre lui il conto salato. Carlo Petitti, ad esempio,
pubblica un articolo di giornale si e no ogni due anni; Onorato
Fava al contrario (come lo stesso Croce), è estremamente prolifico.
Per cui si giunge a questo accordo: il lavoro di Petitti sarà
valutato il doppio, mentre quello di Fava la metà. In questo modo
riuscirono ad equilibrare le cose. Francesco Cimmino insieme a
Vittorio Pica, entrambi impareggiabili buongustai, vengono infine
incaricati dell'ardua e difficile compilazione dei menù. Nel 1894
si annunciò la chiusura del locale, e fu organizzato un
pranzo d'addio al quale parteciparono Benedetto Croce, Matilde
Serao, Roberto Bracco, Rocco Pagliara, Francesco Cimmino, Vittorio
Pica ed molti altri insigni personaggi. La Società dei Nove
Musi, al di là dello spirito goliardico che la nutrì, era
formata da personaggi di altissimo livello culturale, che seppero
godere della reciproca compagnia davanti ad una mensa imbandita,
dove accanto al sartù del cuoco si potevano gustare
anche nuove idee e saggi filosofici e artistici.
(*) Salvatore
Di Giacomo (12/3/1860- 4/4/1934) poeta, drammaturgo e compositore.
Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento le sue opere
contribuirono alla rivalutazione letteraria della lingua napoletana
classica. Contribuisce al Mattino di Napoli ma poi fonda
la rivista letteraria Il Fantasio nel 1880. Insieme con
Benedetto Croce fu uno dei fondatori della rivista letteraria
Napoli Nobilissima. Il suo pezzo teatrale più famoso
è Assunta Spina. Come paroliere scrive moltissime
canzoni napoletane.
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