Il tema della vita al contrario è tornato di attualità
negli ultimi anni grazie a Il Curioso caso di Benjamin Button,
film da tre Premi Oscar interpretato da una delle più
brillanti star di Hollywood: Brad Pitt. Come noto, il film è
ispirato all'omonimo racconto del 1922 di Francis Scott Fitzgerald
(1896-1940), e ci sono fondati motivi per ritenere che lo scrittore
americano si fosse a sua volta ispirato proprio alla Storia
di Pipino di Gianelli (cfr: Patrizia Deabate, Chi ispirò
il Benjamin Button?, in "Storia in rete", n. 114,
aprile 2015, pp. 86-91).
Poeta crepuscolare spento in gioventù dalla tisi come
Sergio Corazzini e Guido Gozzano, di cui fu intimo amico, il
Gianelli ebbe una vita di orfano sfruttato e malato, ma seppe
trasformare la sua tragedia nella gioia cristiana di fare il
bene. Il suo ardente spirito religioso permea non solo le raccolte
poetiche, ma anche la Storia di Pipino, che apparve a
puntate, nel 1910, sulla rivista a diffusione nazionale "L'Adolescenza"
e l'anno seguente fu edita in volume dalla Società Editrice
Il Momento, il cui periodico era stato fondato dal cardinale
arcivescovo di Torino Agostino Richelmy nel 1903. L'origine
della Storia di Pipino è già essa stessa
un programma singolare di carità cristiana. Infatti era
stata inventata per Ughè e Mariù (Ugo e Mario
Morosi) due orfani scampati al terremoto di Messina del 1908
che il Gianelli aveva salvato quando si era recato in Sicilia
quale volontario della Croce Bianca per portare soccorso alle
popolazioni terremotate, e che poi aveva condotto con sé
a Roma, collocandoli presso il prestigioso Collegio Nazzareno.
Pipino è dedicato a loro, con le parole "A Ughetto
e Mariù, due cuori nel mio cuore, questo libro ispirato
dalla loro dolcezza dedico". A un certo punto della narrazione,
i due fratellini messinesi diventano anche personaggi attivi
all'interno della storia, e con i loro veri nomi. La Storia
di Pipino era nata come racconto orale, narrato giorno per
giorno dal Gianelli durante le ricreazioni, quando passava a
trovare i suoi pupilli a scuola. Al Collegio Nazzareno aveva
deliziato non solo loro, ma anche i compagni, di diverse età,
che si adunavano spontaneamente attirati dalla bellezza della
storia. All'epoca, la generosità benefattrice di Gianelli
lo rese famoso a Roma: e se poteva essere ben nota a Benedetto
XV tramite l'alto prelato Giovanni Genocchi (che continuò
ad occuparsi dei bambini dopo la morte del poeta), lo fu certamente
a Vittorio Emanuele III, che ricevette i due piccoli messinesi
in un'udienza speciale. Ed è evidente il parallelismo
fra le qualità cristiane dell'autore e quelle di Pipino,
omino di creta che si anima grazie al calore di una pipa. E,
appena nato, è la madre-pipa a spiegargli che la sua
vita non è poi così al contrario come sembrerebbe:
sono piuttosto tutti gli altri a vivere a rovescio, perché
non seguono la legge del bene e dell'amore. Pipino invece ha
un'anima pura e retta, e questa sua elezione di spirito gli
merita un percorso a ritroso nel tempo, di cui ha il privilegio
di conoscere già in anticipo la durata. La Storia
di Pipino è costellata di uova che si aprono: di
sole uova, prodotte dalla pipa, si nutre il personaggio; uova
giganti vedono la luce appositamente per una missione di salvataggio
delle fate in cui Pipino e mille bambini devono attraversare
il Mar Mediterraneo per raggiungerle: e lo fanno ciascuno viaggiando
su un guscio d'uovo svuotato che serve da barca monoposto. Le
uova sono un chiaro elemento religioso: l'uovo che si rompe
è simbolo dell'anima che si libera della prigione mortale
per elevarsi a Dio, e non a caso è utilizzato per festeggiare
la Pasqua, la Resurrezione del Signore. Da notare infine che
Pipino è un personaggio nettamente autobiografico, non
solo per le sue eccezionali qualità cristiane, ma anche
per il nome: "Pipino" infatti era soprannominato Gianelli
dai bambini, proprio perché aveva sempre una pipa in
bocca. Ma oltre a ciò i contemporanei lo paragonarono
a Pipino perché col passare del tempo Gianelli pareva
ringiovanire anziché invecchiare; e il poeta stesso ebbe
a scrivere che, a poco più di trent'anni, si sentiva
già vecchio, finito, mentre l'ironia della sorte gli
riservava un aspetto adolescenziale. Quindi, oltre al suo valore
intrinseco, la Storia di Pipino si caratterizza per essere
l'opera emblematica di una vita eccezionale: nel 1914, la rivista
"Myricae" pubblicò un articolo commemorativo,
intitolato Il poeta S. Francesco, in cui la vita di Giulio
Gianelli era identificata con un francescanesimo puro. La notizia
della scomparsa del poeta, a pochi giorni dall'attentato di
Sarajevo che avrebbe fatto scoppiare la Prima Guerra Mondiale,
fu riportata anche da "Il Giornale Italiano" di New
York.
Così il crepuscolare Marino Moretti aveva scritto a Gianelli:
"Io ho letto lentamente, con piacere, dolcezza, con vera
delizia, la poetica storia del tuo Pipino. Che caro libro!
Ne sono innamorato. Penso che dopo Pinocchio non si sia
mai scritta una storia più nuova, più viva, più
gustosa; e che Pipino ha questo di superiore a Pinocchio:
un maggior senso di poesia. Pochi si sono occupati in Italia
a far capire ai bambini il valore ideale della poesia: io, forse,
modestamente, in qualche pagina di Sentimento e dei Poemetti,
tu certissimamente in tutte le pagine di Pipino. Grazie,
Giulietto".
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Giulio
Gianelli, Storia di Pipino nato vecchio e morto
bambino, S.E.I, 1911
illustrazioni interne di Golia, raffiguranti i fratellini
Mario e Ugo Morosi
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©
Patrizia Deabate, settembre 2015
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Giulio
Gianelli,
Storia di Pipino
nato vecchio e morto bambino,
Libreria Editrice de "Il Momento", 1911, cover
ill. di Golia |
Le
illustrazioni sono state gentilmente concesse da
Patrizia Deabate
e non sono riproducibili senza autorizzazione. |
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