TERESAH
(CORINNA GRAY UBERTIS)
LA VECCHINA ABITAVA LA'
La vecchina abitava là, dietro viale Regina Margherita
andando verso piazza Crati, in una di quelle che erano allora
tranquille strade primo novecento, tutte piene di giardini profumati
e di colori cangianti a seconda delle ore del giorno.
Ogni volta che, con mia madre, andavamo a trovarla, per me bambino
entrare in quella casa enorme e buia, con i soffitti troppo
alti, era un poco come addentrarsi in un paese nuovo e sconosciuto.
Da subito, ti coglieva uno strano odore che mescolava l'ambiente
chiuso - a ogni ora del giorno, le persiane sbarrate, solo una
fioca luce elettrica indicava la strada - a una specie di profumo
che, ora che ci ripenso, sapeva di fiori secchi e di vecchia
colonia 4711.
Tutto intorno, a perdita d'occhio vedevo solo enormi, altissime
librerie che percorrevano senza soluzione di continuità
grandi stanze e lunghi corridoi: piene di libri. Migliaia di
libri di ogni tipo, di ogni grandezza, messi alla rinfusa ma
che mi sembravano occhieggiare severi verso di me. Io ero molto
curioso di quei libri, avevo, allora come ora, il desiderio
incontrollato di leggere tutto quello che mi capitava.
Ma non mi azzardavo a toccare nulla, quei libri, e le decine,
centinaia di quadri appesi alle pareti, e un numero indescrivibile
di ninnoli di ogni tipo, oggetti disparati, fotografie seppiate,
ceramiche, orologi, che invadevano gli scaffali e il pavimento
mi mettevano in soggezione, quasi come se fossi entrato nelle
segrete stanze di un tesoro orientale.
Anche mia madre, lì dentro si muoveva con circospezione
nel buio, andando sempre avanti. Fino a che arrivavamo finalmente
in fondo alla casa, in una grande stanza dove, seduta sempre
in una poltrona fin de siècle di raso rosso, c'era lei
che ci aspettava.
La vecchina era lì, ci riceveva sempre con gioia. Era
davvero molto, molto vecchia, e incredibilmente piccola, così
curva da non riuscire ad alzare la testa per guardarci negli
occhi. Ricordo bene che aveva i capelli rossi e radi, coperti
da una cuffia nera. La baciavo, sentivo il suo odore, che era
un tutt'uno con l'odore della casa
strano, antico, ma
allo stesso tempo dolce, come il suo sguardo, alla mia altezza
di bambino, uno sguardo ancora fiero e penetrante, due occhi
blu che volavano senza fatica nei ricordi dove il corpo non
poteva più andare.
Mamma mi raccontava che la vecchina era stata grande scrittrice
e poetessa
un tempo era stata bellissima, mille uomini
l'avevano amata e ammirata; nella sua vita era stata una donna
famosa e invidiata e aveva frequentato gli ambienti più
esclusivi, re, nobili, politici, grandi imprenditori.
Io ascoltavo e m'incuriosivo
la chiamavo zia, evidentemente
era una lontana parente. Cominciavano a parlare, di cose che
io non spesso non riuscivo a capire. Non avevo il coraggio di
girare per quella grande casa, che pure m'interessava, mi accontentavo
di guardare e riguardare tutto quello che c'era in quella stanza,
meraviglie antiche e sconosciute che raccontavano la lunga storia
della vecchina.
Nella stanza c'era una porta a vetri che oggi capisco antica,
bellissima, con al centro un grande pannello di vetro che raffigurava
fiori colorati. Un giorno le chiesi cosa ci fosse dietro quella
porta. Ricordo che si alzò a fatica dalla sua poltrona,
si appoggiò al suo bastone e prendendomi per mano, mi
portò a quella porta che tanto mi incuriosiva. Non posso
dimenticare la camera che vidi: pareti piene di quadri e di
ricordi, come nelle altre stanze; ma al centro, un lungo tavolo
riccamente apparecchiato, con piatti di porcellana e bicchieri
dorati, posate d'argento, candelieri meravigliosi, tovaglioli
ricamati, bottiglie di vino ancora da stappare. E intorno, dodici
sedie ricoperte di seta rossa, quasi come se, da un momento
all'altro, dovessero arrivare ospiti importanti: "Tutto
pronto" disse la vecchina guardandomi, "per la prossima
cena".
Ma io sapevo, e anche lei sapeva, che quella sala da pranzo
non aveva da troppi anni visto sorrisi, brindisi e profumo di
cibo, e non avrebbe mai più ricevuto ospiti.
Era restata sospesa nel tempo, come la vecchia scrittrice; e
da quella volta anch'io, come lei, sono rimasto sospeso nel
ricordo di quel giorno.
©
copyright
Riccardo Rovere, dicembre 2010
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L'Autore
di questa pagina vanta ascendenze letterarie di tutto
rispetto, ed è cresciuto in un ambiente coltissimo
- si capisce da come scrive. E' imparentato alla lontana
con la scrittrice: la moglie del colonnello Ubertis,
padre di Corinna, era sorella della sua bisnonna. La
nonna teneva a sua volta un prestigioso cenacolo letterario
frequentato dall'intellighenzia piemontese, e pubblicò
alcuni romanzi sotto pseudonimo. I legami con la famiglia
Ubertis furono sempre stretti, tanto che Ezio Maria
Gray fu testimone di nozze dei genitori.
La Redazione di letteraturadimenticata ringrazia
Riccardo Rovere per averci partecipato i suoi ricordi
personali e per averci inviato la splendida fotografia
qui sopra riprodotta.
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