Ida Baccini nasce il 16 maggio 1850
a Firenze, in via delle Ruote. Poichè di
Ida Baccini si è scritto molto, e soprattutto lei stessa è
stata generosa con i propri ricordi, scrivendo
più di una autobiografia - e non
nascondendo il proprio pensiero su qualunque argomento, scrivendo
sempre: ai giornali, ai conoscenti, ai colleghi, agli amici e ai nemici
- possiamo descrivere la casa natale nei dettagli forniti dalla scrittrice:
"alta, nera, tetra, con uno di quei portoni verdastri [...].
La camera dove nacqui, una camera ampia, malinconica, la cui unica
finestra [...] dava su un cortiletto quadrangolare, dalle mura scortecciate,
sudicie, trasudanti una perenne umidità [...]". Eppure,
la famiglia era tutt'altro che povera, e la casa non doveva essere
quella stamberga testè descritta. Il padre Leopoldo e la moglie
Ester Rinaldi, con una prima figlia, Egle, vi si erano trasferiti
nel 1846 poich'egli aveva accettato di dirigere la tipografia Celli,
e lasciato il precedente lavoro, cioè la rappresentanza di
due case editrici di Prato. Via delle Ruote è vicina alle mura
e a porta San Gallo (tra
le vie Santa Caterina e San Gallo) al
confine con un ampio giardino pubblico; dall'altra parte, la via dava
sull'orto del manicomio, che, sebbene funestato da sporadiche grida
delle ammalate, doveva essere arioso e verdeggiante. La porta San
Gallo nel 1945 cambiò nome in Piazza della Libertà;
anticamente dietro c'erano una chiesa ed un ospedale per i pellegrini,
distrutto alla metà del XVI secolo per fare posto al giardino
pubblico che vide la Baccini: attualmente il giardino non c'è
più, sostituito da un parcheggio per auto. Il manicomio nominato
dalla Baccini si trovava in Via San Gallo, si chiamava Ospedale Bonifacio
ed era stato ricavato da un antico convento dal granduca Leopoldo
nel
1787 per i contagiati di "mal
francese", così veniva definita la pazzia dei soldati
di Carlo VIII che per primi vennero ricoverati. Dal 1927 al 1940 divenne
sede del Provveditorato agli Studi, oggi
è la sede della Questura, ma della struttura originale
rimane solo il bellissimo portico.
Ida frequenta la scuola in via Campaccio (ora Via Santa Reparata).
All'epoca non v'erano scuole pubbliche, dato che la prima legge sull'obbligatorietà
della scuola primaria è solo del 1877 (legge Coppino), pertanto
"scuola" significava andar presso qualche anziana signorina
che dava lezioni private ad un gruppo di bambini. Ida dunque va in
casa delle sorelle Gozzini, aiutate nel compito dal fratello e da
un prete, dove apprende a leggere, scrivere e far di conto, e naturalmente
a cucire e far la calza. Se questi ricordi sono veri, si capisce come
più tardi ad Ida venga voglia di insegnare in maniera assai
più intelligente. L'infanzia si svolge anonimamente, gli unici
ricordi piacevoli sono quelli delle gite a Montemurlo, nella vasta
canonica del piovano Gaetano Giunti, amico del nonno Rinaldi.
Nel 1857 la famiglia si trasferisce a Genova, dove Leopoldo inizia
un'attività propria di editoria, in compagnia di Giuseppe Mazzini
e Domenico Guerrazzi e di altri esuli toscani. Ma l'avventura è
di breve durata, e nel 1859 la famiglia si trasferisce a Livorno,
in via degli Elisi. Ida è abbastanza grande da frequentare
l'Istituto Wulliet dove si compie la sua istruzione con un metodo
che lei stessa definirà moderno. A casa, legge. Per il lavoro
che svolgeva, il padre aveva ammassato in una camera una quantità
di volumi, rimanenze del passato. Là Ida attinge: "Le
domeniche [...] io mi rinchiudevo lì dentro e non è
calcolabile la quantità di libri ch'io mi andavo volta per
volta divorando." Nel 1865 Leopoldo, che commerciava non solo
in libri ma anche in oggetti d'arte, si riduce al fallimento, e la
famiglia è costretta a tornare a Firenze, in casa della figlia
maggiore, sposata da tempo. Ida è costretta a lavorare di cucito
per aiutare il magro bilancio, ma continua a leggere, e si sa: chi
legge tanto finisce con lo scrivere. Sono di questo periodo le prime
prove, cestinate.
Nel
1868 ha diciotto anni e pensa di risolvere la situazione sposandosi.
Lui è Vincenzo Cerri, scultore livornese, 35enne. Non sappiamo
precisamente come e perchè, ma dopo tre anni appena il matrimonio
è finito (la
sentenza di separazione è del 1875, ed Ida rinuncia ad ogni
forma di alimenti). Al figlio Manfredo, che fa nascere nella casa
paterna nel 1878, Ida dà il proprio cognome. Per
quei tempi, un gesto coraggioso, dettato forse da una necessità
inimmaginabile: infatti, nulla Ida dice delle vicende legate al suo
breve matrimonio. Vi sono anche altre possibilità, ma non è
questa la sede per indagare chi fosse il vero padre di Manfredo. Ora
bisogna lavorare seriamente, e le si prospetta l'insegnamento; le
basta una breve preparazione sotto Pietro
Dazzi per ottenere il diploma alla normale, e così diviene
insegnante elementare, "una delle tante maestrucce del bello
italo regno", dal 1872 al 1878. Il Dazzi, che aveva riordinato
gli scritti di Pietro Thouar, capiva le perplessità della Baccini
di fronte ad un sistema scolastico ancora così legato alla
bacchetta, e la spinge a comporre dei testi. Nasce così il
famoso pulcino, pubblicato anonimo nel 1875, che farà la fortuna
della Baccini ma sarà anche la sua "bestia nera",
poich'ella
lamenterà nella propria autobiografia che il pulcino la tenne
prigioniera impedendole di allargare i propri orizzonti letterari.
Quali orizzonti non si sa: Ida Baccini infatti scrive di tutto e su
tutto, è giornalista, direttrice di giornali, autrice affermata
di testi scolastici, libri
di lettura per le classi elementari e per le scuole femminili superiori,
manuali, romanzi e novelle, testi teatrali e monologhi
per bambini, e infine, è davvero una opinion leader
del suo tempo.
Pubblica alcune novelline dapprima sulla Gazzetta del Popolo,
poi firma alcuni articoli di varietà con il nome di Cenerentola
sulla rivista Vedetta. Su La Gazzetta d'Italia e La
Rivista Europea scrive su tutto, anche recensioni letterarie,
con il nome del figlio, Manfredo. Nel 1878 decide di abbandonare l'insegnamento
per darsi alla carriera letteraria. Grazie alla raccomandazione di
De Amicis, inizia a collaborare con la Casa Editrice Treves, e in
seguito diviene collaboratrice assidua del Fanfulla della Domenica,
diretto da Ferdinando Martini. Egli stesso
le reca visita, di passaggio a Firenze, e le propone una collaborazione
annuale di otto novelle a quaranta lire l'una, e delle "bricciche"
di varia attualità a un tanto al rigo. Sul Fanfulla
scrivono le migliori firme dell'epoca: Carducci, Nencioni, Capuana,
Panzacchi, la Serao, la Perodi. Nel frattempo la Baccini aveva stretto
i rapporti con i letterati del tempo, che si ritrovavano nella libreria
dei fratelli Paggi. V'erano Collodi, Rigutini, lo stesso Dazzi. Ida
Baccini entra così a far parte dell'intellighenzia nazionale.
Tra il 1881 e il 1883 compie due viaggi, a Milano e a Roma (per il
resto, non lascerà mai Firenze) dove consolida la conoscenza
con Matilde Serao e avvicina altri intellettuali. Nel
1904 si risposa con Tito Mariottini.
Lavora indefessamente, pubblica quasi un centinaio di volumi, oltre
al lavoro per le riviste, eppure stenta a far quadrare il bilancio.
Chiede lavoro, persino come revisore di bozze, vorrebbe tornare ad
insegnare, ma il Ministero le conferisce il diploma per l'insegnamento
delle lettere e della pedagogia nelle scuole medie, ma senza incarichi,
salvo quello di ispettrice per la provincia di Arezzo concesso dal
ministro Boselli. E per soprammercato, la salute le fa difetto: soffre
d'asma, è agorafobica, ha tosse e affanno, non si muove, fatica
persino a scrivere. Muore
a Firenze il 28 febbraio 1911 per un enfisema polmonare nella sua
casa di piazza Duomo 22; il figlio Manfredo le sopravviverà
di pochi anni (morirà nel 1921).
Le pubblicazioni per l'infanzia e Il Giornale dei Bambini
I giornali per i fanciulli nascono ai primi dell'Ottocento. Nascono
e muoiono con velocità impressionante, e qui citiamo solo i
più rilevanti: nel 1834 il Giornale dei Fanciulli di
Pietro Thouar, subito fatto chiudere dalla polizia del Granduca di
Toscana; Letture per i Fanciulli e Letture per la Gioventù
(1836-1845) ancora per opera del Thouar e del Lambruschini; Letture
popolari (1837) e Letture di famiglia (1842); Prime
Letture di Luigi Sailer (1870-1878) e il Frugolino (1878)
di Gian Antonio Marcati. Erano tutti uguali, didascalici e pedagogici.
Bisogna attendere il 1881 per avere il Giornale per i Bambini
di Ferdinando Martini, che si avvale delle firme del Fanfulla
(l'altro giornale del Martini): Yorick, Jack La Bolina, Enrico Panzacchi,
Giuseppe Giacosa, Emma Perodi e Matilde Serao. La pubblicazione del
Martini apre la strada ai "veri" giornali per l'infanzia
e l'adolescenza, a cominciare dal Cordelia
di De Gubernatis, Mondo piccino di Virginia Treves
Tedeschi, Il Piccolo Italiano (1892, edito da Treves), Cenerentola
di Capuana (1893), che pure ha vita brevissima, un altro Giornale
dei fanciulli, che nel 1889 assorbe il Giornale per i bambini.
Il
giornalismo è
un'attività che Ida Baccini non abbandonerà mai. Sostituisce
Angelo de Gubernatis alla direzione della rivista letteraria Cordelia,
fondata da quest'ultimo nel 1881, e la dirigerà fino alla morte;
la rivista sotto la sua direzione ottiene nel 1890 la Medaglia d'Oro
all'Esposizione Beatrice.
Ida Baccini scrive su quasi tutti, eppure aspira ad averne uno tutto
suo, anche perchè Cordelia
, di
cui pure è direttrice fin dal 1884, lo sente sempre creatura
di De Gubernatis. Così, poichè "un perfetto giornale
dei bambini mi era più volte comparso nella fantasia, completo,
armonico, con tutte le sue divisioni e tutte le sue rubriche",
nel 1895 dà vita al Giornale
dei Bambini. Dapprima uno scarno fascicoletto di
poche pagine, è tutto composto dalla Baccini stessa, che firma
con i più svariati pseudonimi le varie rubriche. Ma sia perchè
non poteva competere con ciò che il progresso stava portando,
sia perchè non poteva sopravvivere come prodotto di una sola
mente, ha vita grama e viene assorbito nel 1906 dal Giornalino
della Domenica: un prodotto talmente nuovo che farà scomparire
entro brevissimo tempo tutti i precedenti.
Prima e dopo Ida Baccini
Nel panorama della letteratura infantile della seconda metà
Ottocento, di stampo borghese, la nuova ventata viene apportata dal
realismo fantastico del Collodi, ma ancor prima di lui la Baccini
dà inizio ad una corrente particolare, quella dell'intimismo
e della tenerezza coniugati al fantastico. Senza aver composto un
capolavoro, alla Baccini si deve molto, moltissimo, in campo di innovazione.
Prima di lei, infatti, non v'era che un didascalismo pedante e pesante,
e nulla di divertente per i ragazzi. Alla fine del secolo precedente
avevano scritto testi per ragazzi padre Francesco Soave, filosofo
e pedagogo, e l'abate Taverna, ma solo perchè i libri di vite
dei santi avevano esaurito il loro tempo come letture di divagazione.
Si deve attendere il 1836 per avere il Giannetto del
Parravicini, il quale tuttavia non lesina consigli e ammonimenti,
tanto da risultare egualmente noioso e illeggibile, nonostante le
ripetute edizioni (nasce infatti come testo scolastico). Pietro Thouar
tenta di immettere un soffio di vita nei propri racconti per fanciulli,
senza riuscire a rinunciare alle tesi moraleggianti, e fallisce egualmente
lo scopo, e come lui falliscono il Dazzi, l'Alfani, Felicita Morandi.
La Baccini quindi, che capisce la necessità di avere dei testi
nuovi per l'infanzia, dei testi piacevoli, trova un campo completamente
sgombro. Le Memorie di un pulcino piacciono perchè
evitano le solite esortazioni, mantenendo un dialogo diretto con i
piccoli lettori dove si sente la tenerezza materna. Per la prima volta
infatti si immette il sentimento, che in brevissimo tempo porterà
a Cuore (1886); per la prima volta si immette un protagonista
che non è il solito "bravo scolaro", anche se
l'invenzione di assumere a protagonista un pulcino invece di un ragazzo
rimane un mero espediente che si discosta poco dal convenzionale,
reso addirittura lezioso. A
dire il vero l'innovazione dell'animale protagonista era stata già
sperimentata in Francia, con le Mémoires d'un âne
della Contessa de Ségur (1860), a cui farà seguito la
gallinella di Zenaide Fleuriot (ricordiamo che l'animale parlante
compare già nelle favole, da Esopo in poi). Di
ben altro stampo saranno gli animali nel Pinocchio
collodiano (basti pensare al gatto e alla volpe), ma
Collodi deve molto alla Baccini (poichè dubitiamo che egli
conoscesse i testi della Contessa de Ségur, mentre la Baccini
poteva ben averli letti), ed è quindi grazie alla sua mediazione
che la
fantasia collodiana prende il volo; è del 1877
la sua totale revisione del Giannetto, sfociato nel
Giannettino, poichè la strada era ormai aperta
a tutte le sovversioni possibili, e dopo che la Baccini pubblica I
piccoli viaggiatori (1878) ecco che appare Il viaggio
per l'Italia di Giannettino (1881); finalmente, nel luglio
dello stesso anno, appaiono le prime puntate delle Avventure
di un burattino (sul Giornale per i bambini): e questo
è il capolavoro, svincolato da ogni modello precedente.
Abbondano in questo periodo i titoli con animali: nel 1890 esce Una
famiglia di topi della Contessa Lara, al che la Baccini replica
con Una famiglia di gatti (1894). Per
restare a Firenze, v'era anche padre Tommaso Catani che, quanto a
bestiario fantastico, non scherzava: intitolare un racconto per fanciulli
Caccia al gatto rosso voleva dire suscitare nelle giovani
menti, fin dal libro chiuso, l'ansia di conoscere quali tremende avventure
avrebbe subìto la povera bestia, e soprattutto, di conoscerne
i sentimenti (ma ciò sarebbe avvenuto molto dopo, nel nuovo
secolo, pur essendo egli contemporaneo e di Collodi e della Baccini).
Del resto il pulcino della Baccini dà
la stura ad una serie di mere imitazioni: Il mio pulcino
(Maria Bartolini); Il viaggio del pulcino Pip (Cesare
Dei); Il pulcino verde (Cesarina Lorenzoni); Storia
del gallo Sebastiano (Margutte); Ciò ciò
(Milla Vignini Paloschi), Le avventure di un pulcino
(Giannino Falzone Fontanelli): e niente è più dimenticato
di questa letteratura. Si andrà avanti così, di anno
in anno, di fantasia in fantasia, di titolo in titolo. Se Hector Malot
pubblica Sans famille nel 1878, la Baccini pubblica
Una famiglia di saltimbanchi nel 1901. Se nel 1890 appare
Il romanzo d'un maestro di De Amicis, nel 1901 la Baccini
pubblica Il romanzo di una maestra. A questo punto è
arduo riconoscere la paternità delle innovazioni letterarie,
posto che si debba parlare di innovazione e non di evoluzione naturale
delle tematiche destinate alla letteratura per ragazzi, che ormai
- all'alba del nuovo secolo - ha fatto il salto di qualità.
Testo:
©
www.letteraturadimenticata.it,
dicembre 2009
Fotografie:
©
Archivio Brandolini-Morgagni
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Ida
Baccini
Ida
Baccini,
Memorie d'un pulcino,
Felice Paggi Libraio-Editore,
1875
E' la prima edizione,
pubblicata anonima.
Ida
Baccini,
Tonino in calzon lunghi,
Salani, 1896, frontespizio
Ida
Baccini,
Memorie
di un pulcino,
Biblioteca Bemporad per i Ragazzi,
ristampa 1920
ill. di Carlo Chiostri
frontespizio
Ida
Baccini,
Angeli del cielo e angeli della terra,
(traduzione dall'inglese)
Salani, ristampa 1922
cover di Carlo Chiostri
La medaglia
dell'Esposizione Beatrice
1890
La lapide
sulla tomba di Ida Baccini
al sacrario delle Porte Sante, Firenze.
Anche se in deprecabile stato di conservazione, si legge:
"Ida Baccini - donna gentilissima - educatrice - scrittrice insigne
- mancata ai vivi il 28 feb. 1911 - nel suo sessantesimo anno - qui
riposa in pace - la famiglia - gli amici tutti p."
L'incisore è Giulio Passaglia.
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