Ulisse Jacopo Antonio Maria Catani nasce a Firenze il 7 dicembre 1858
da Germano e Maria Francia (figlia di Antonio); il secondo nome è
quello del nonno e padrino. Frequenta le Scuole Pie rette dai Padri
Scolopi (ora parte del complesso del Liceo Galilei) sotto la direzione
del P. Manni, dove ha per compagni nel 1872-73 Giovanni Giovannozzi
ed Ermenegildo Pistelli, in seguito come lui entrati a far parte dei
Padri Scolopi nel 1875. Nel 1880 si laurea in Scienze Naturali all'Università
di Firenze con il massimo dei voti e con lode, con una tesi sullo stomaco
delle cavallette (titolo: "L'apparato digerente degli ortotteri").
Viene ordinato prete il 24/10/1882 a Livorno, ed entra nel collegio
dei Padri Scolopi a Firenze, sempre insieme all'amico Giovannozzi, dove
insegna scienze nel liceo. Si occupa attivamente dell'istruzione dei
ragazzi: è per loro infatti che cerca di supplire con le proprie
fantasie alla cronica mancanza di letteratura dedicata. Assume d'ora
e per sempre il nome di Tommaso. Nel 1891 al Congresso internazionale
degli scienziati cattolici a Parigi fu discusso l'evoluzionismo e P.
Catani ebbe delle difficoltà con i superiori venendo accusato
di darwinismo, o meglio di "modernismo", a seguito dell'enciclica
di Pio X per cui molti prelati ebbero difficoltà. Muore il 1°
giugno 1925.
Dai suoi
contemporanei, ancorchè in ottimi termini con il nostro, viene
definito un po' matto, al più "strambo". Pelle e ossa,
ruvido e scontroso fino a rasentare la scortesia, viaggia sempre con
l'ombrello al braccio, che apre per nascondersi onde non venir riconosciuto
e salutato; quando si mette in cammino per località distanti
(in particolare nelle sue peregrinazioni sulle Alpi) si arma di un vecchio
zaino logoro, si arrangia la veste talare fino ai ginocchi con una corda,
col nicchio in testa e il ferraiolo dietro le spalle. E' un gran camminatore,
e infatti gira a piedi non solo l'Italia ma anche la Svizzera, la Francia,
l'Austria e la Germania. Detesta l'automobile e il motore a scoppio,
anche se questo è un'invenzione del suo confratello P. Eugenio
Barsanti.
Così lo definisce Padre Giovannozzi in una lettera del 16/11/1891:
"Salvo certe ruvidezze esteriori, e poca cognizione di certe etichette,
io l'ho sempre considerato come il modello dello Scolopio. Pio, lavoratore
indefesso, disinteressato, poverissimo, di costumi e d'animo intemerato,
eppoi scolopio nell'anima, cioè tenerissimo di tutto ciò
che è missione apostolica per i giovani."
P. Catani stesso così si definisce in La Signorina S,
Firenze, 1913: "Dopo esser prete, sono naturalista [...] nella
mia anima ormai adulta mi trovo così ad avere come due coscienze.
Una piena d'entusiasmo, che non discute ma accetta, ama e adora [...]
L'altra, piena di riflessione, che esamina, vaglia, scruta, serenamente,
darwinianamente."
Le opere di
P. Catani non sono state apprezzate al loro giusto valore dai contemporanei,
e nemmeno dai critici del Novecento. Le storie delle letterature per l'infanzia
ne fanno appena cenno. In genere, viene relegato nel gruppo dei collodiani,
per quanto
questo autore straordinario si muova tra futurismo, psicanalisi, e romanzo
d'appendice, collocandosi forse a metà tra Collodi e Lewis Caroll,
ma conservando un carattere assai peculiare.
Del Collodi P. Catani era amico: "Col Collodi andammo un paio di
volte a passeggiar per Firenze: egli asciutto e rosso come un gambero
cotto, col naso sempre per aria, e ogni tanto piantato fermo in mezzo
alla strada ad espormi, gridando, le sue idee: io ... domandatelo a lui
quando sarete nel mondo di là. Dove, poiché là non
dev'esser lecito mandare accidenti, egli, delle cose ivi lecite, credo
che faccia la più simile a mandarli, vedendo il suo Giannettino
e il suo Minuzzolo, come il lesso con le cipolle, rifatti a uso
dei 'recenti programmi'." Il riferimento è ai vari rifacimenti
da parte dell'editoria scolastica ai libri di lettura come il Giannettino,
ridotto a seconda delle direttive ministeriali.
Ancora sul Collodi: "Una volta gli avevo chiesto [ad Alessandro Paggi
editore] in che modo il Collodi s'era messo a scrivere per i ragazzi,
e il signor Alessandro mi aveva ripetuto quello che si diceva comunemente,
cioè che ci s'era messo per pagare i debiti." E di come morì:
"Carlo Collodi fu colto da apoplessia mentre saliva le scale di casa
sua. Invece Enrico Mazzanti spirò di nefrite mentre l'assistevo.
Dopo avergli dato da me tutti i sacramenti, sentii ad un tratto il suo
polso accellerarsi rapidissimamente e quindi di colpo arrestarsi. Eravamo
diventati amici per i disegni che egli aveva fatto ad alcuni libri miei,
e una delle ultime cose che mi disse moribondo fu questa: - Si doveva
fare insieme tanti altri librini."
Tuttavia,
se rimane sconosciuto al grande pubblico, non lo è affatto per
gli "addetti al lavori". Nel saggio Mai devi domandarmi (1970)
Natalia Ginzburg dice: "Catani non era crudele, bensì veritiero
e dotato di immaginazione: i suoi gatti e i suoi polli diventano pazzi,
bevono veleni, rimangono zoppi e ciechi, e cadono dalle rocce: cose che
accadono anche agli uomini." La Ginzburg ammette di essere rimasta
affascinata dal favolista, che nelle sue storie spaventevoli non si lascia
incantare dagli happy endings: le sue favole terrorizzano i bambini
e li rendono partecipi alle sofferenze dei personaggi. Queste immagini
diventano positive per la Ginzburg, che riflette nella propria prosa una
certa propensione per la follia.
I personaggi, tutti animali, si muovono privi di moralismi e proiettati
al gusto dell'avventura e del racconto dell'avventura. In scena
solo un cumulo di oggetti, alcuni fintamente realistici, altri volutamente
astratti, usati per rappresentare e narrare le storie: dal viaggio disastroso
di un intero pollaio sotto la guida di un gallo bello e stupido, al cane
piccolissimo che si ubriaca e cambia identità, alla cassa di dolci in
cui si trovano due bambini ipnotizzati... e la follia omicida del "gatto
rosso".
Da 12 dei suoi romanzi Luigi Gozzi ha tratto il materiale dello spettacolo
ANIMALI, andato in scena a Bologna nel 2005. La pubblicità
recita: "ANIMALI è liberamente tratto da una serie di ben
dodici volumi scritti attorno al 1920 da uno scrittore fiorentino che
meriterebbe di essere riscoperto: Tommaso Catani. Si tratta di una vera
e propria saga animalesca dominata da passioni furibonde e spesso criminali:
un cane ladro, un gatto assassino, una gallina pazza, ma a contarli i
personaggi sono decine e probabilmente centinaia."
I suoi
libri per ragazzi sono scritti in una lingua viva e scintillante, piena
di arguzie e di umorismo, dove la fantasia regna sovrana. Nelle sue pagine
si trovano notizie scientifiche curiose, rare e uniche. Il mondo che popola
i racconti è quello animale - topi, gatti, cani, polli, galline,
asini, insetti, bambini, bambine, monelli. Nato scrittore, scrive per
istinto, molto velocemente, persino in una notte. Tanta vena inesauribile
in realtà gli nuoce poichè gli impedisce di scrivere il
capolavoro, e spesso viene associato alla corrente collodiana, per quanto
la sua ispirazione sia personale e diversa da quella del Collodi. Il suo
mondo, quasi sempre animale, deriva dalle sue origini di studioso di materie
scientifiche e scienze naturali, che finisce per ghettizzarlo.
Egli stesso capisce questi limiti di forma, e lucidamente scrive numerose
note autobiografiche e sulla propria scrittura nel volume di memorie Il
canneto, memorie di un prete, Firenze, 1912. Il canneto è
il nome che P. Catani dà alla Casa del Pellegrino, ovvero il nome
popolare della casa degli Scolopi a Firenze, contraddistinta da un vasto
canneto lungo il margine degli orti.
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Sin: La Casa del Pellegrino dall'esterno;
sopra: facciata interna
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Sopra: veduta del vasto giardino interno; la zona attorno al vecchio
pino era quella contraddistinta dalla crescita di canne (da cui
"canneto") che allora come oggi ospita anche un orto
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"Questa è una delle colpe dei miei viaggi che divennero libri.
Un'altra è che divennero libri della Biblioteca Azzurra, la quale
è fatta per i Pinocchi. Essendo i miei viaggi ciò che sono,
posti tra i libri azzurri di Achille Lanzi, non sono per gli uomini perchè
sono per i ragazzi, non sono per i ragazzi perché sono per gli
uomini; e se c'è qualcuno che li ha comprati, costui ha diritto
di farsi rendere dal libraio il denaro." Divertentissimo l'esordio
della collaborazione con Bemporad:
"La signora Ida Baccini mi fece conoscere l'editore Bemporad. Un
giorno ella era venuta a trovarmi alle Acacie; e mi domandò: -
Perchè non dà un libro al Paggi?
In quel tempo l'odierno editore Bemporad si chiamava sempre Paggi, e come
Paggi lo avevano reso famoso il Thouar, l'Alfani, il Collodi, la Baccini
citata, ecc. Enrico Bemporad aveva ancora ... le dande.
- Perchè non me lo chiede, - risposi. - ad offrirmi io non ci vo.
- Farò che glielo chieda, - dichiarò la signora Ida.
Scorsi due o tre giorni, mi viene recapitata una lettera
della casa Paggi, nella quale la casa suddetta si protestava da un pezzo
innamorata di me e ardentemente desiderosa di arricchire il suo catalogo
col nome di un autore così valoroso com'era don Carlo (2).
Che egli si compiacesse dunque di recarsi al numero 7 in via del Proconsolo,
per trattare in proposito. Mi reco immediatamente in via del Proconsolo,
e son fatto passare nella stanzina, dove Enrico Bemporad ha disimpegnato
il suo ufficio d'editore sino a che non si installò nella stanza
più bella dove lo disimpegna ora ... Mi chiesero che libro volevo
dar loro. Risposi che da un guazzabuglio mio già stampato si potevano
cavare le pagine sufficienti a fare un libro come quelli della Collezione
Azzurra, e sarebbe stato il racconto di un viaggio ...
- Vediamo dunque - annuirono - le pagine che dovrebbero servire a far
quello vecchio che lei propone.
Fu preso dai loro palchetti il mio libro guazzabuglio e io mostrai le
pagine da me designate. Mi chiesereo se volevo avere la gentilezza di
ripassare da loro in capo a tre o quattro giorni. Risposi che l'avevo.
Quando ripassai, mi annunziarono che stava bene, che il libro si sarebbe
fatto, e che intanto si sarebbero dati a fare i disegni.
- E' contento di trecento lire per la prima edizione e dugento per le
successive?
Risposi che ero contentissimo, e proposi per disegnatore il Ducci, che,
mostrato un saggio, fu tosto accettato.
Così cominciai a collaborare nella Biblioteca Azzurra, e fu una
grande bestialità per me e per lei."
Umorista e smaliziato, così definisce la fortuna e la bontà
di un libro:
"La bontà di un libro non ha a che veder nulla con il suo
smercio. Qualunque altra dote giova allo smercio del libro più
che il suo valore intrinseco: magari, il colore della copertina ma ciò
che gli giova più di tutto è il titolo. Pinocchio
è certo un libro molto adatto per i ragazzi; ma se lo intitolavano
...Franceschino, non aveva davvero la fama che ha. Del titolo fa
parte il nome dell'autore. Levate De Amicis a Cuore e gli avrete
levato due terzi della sua fortuna. Però gliene resterà
ancora molta."
(1)
Una di tali edizioni riportante sul frontespizio la dicitura:
"riadattato
per la classe IV elementare con l'approvazione del Ministero dell'Istruzione"
è visibile alla pagina AUTORI A-C, paragrafo dedicato a Collodi.
(2) Un altro dei nomi che Catani si attribuiva nell'esercizio delle sue
funzioni.
N.B. Le fotografie della Casa del Pellegrino sono di proprietà
dell'Ordine degli Scolopi e non possono essere riprodotte senza autorizzazione.
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Una rara fotografia
di Padre Tommaso Catani
P.
Tommaso Catani,
Al Paese dei Canarini,
Collana Azzurra Bemporad,
1894
(courtesy Biblioteca Palagio
di Parte Guelfa, Firenze)
P. Tommaso Catani,
Al Paese Verde,
Collana Azzurra Bemporad,
1895
(courtesy S. Giovannino degli Scolopi,
Firenze - collezione privata)
I
tre disegni
di C. Puliti sono
tratti
dalla copertina dell'unica biografia
del P. Catani: Lorenzo Righi,
P. Tommaso Catani il Collodiano,
Collana "Gli inediti", Firenze, 1977
Il
palazzo degli Scolopi a Roma
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