libri e giornali per ragazzi

ILLUSTRATORI A-C

ACCORNERO, VITTORIO (1896 - 1982)

Vittorio Accornero de Testa nasce a Casale Monferato nel 1896. Nel primo dopoguerra inizia a firmarsi Victor Max Ninon, ma anche solamente Ninon, e collabora al Giornalino della Domenica. Privilegia le fiabe e in genere la narrativa di fantasia, dove può sbrigliare la propria con un segno limpido ma molto ornato, ricco di volute e curve sinuose, a metà fra il liberty e l'art déco, ma molto personale. E' lo stesso stile della moglie, l'illustratrice Edina Altara, con cui realizza diverse copertine per l'editoria infantile, e insieme si firmano Edina e Ninon. Nel 1934 i due si separano e Accornero inizia a firmarsi con il suo nome. Accornero illustra in totale una sessantina di volumi, oltre alle favole di Perrault, Andersen e Grimm, illustra un celebre Pinocchio e anche il libro Cuore. Collabora estesamente all'Enciclopedia dei Ragazzi Mondadori, e ai periodici L'Illustrazione Italiana, La Donna, Cordelia, La Domenica del Corriere e Il Corriere dei Piccoli. Negli Anni Trenta si dedica alle scenografie teatrali per numerose operette e balletti rappresentati alla Scala di Milano. Alla pitturta approda tardi, negli Anni Cinquanta, ma espone sia in Italia sia all'estero. Dal 1960 al 1980 collabora con lo stilista Gucci e disegna circa 80 foulard, tra i quali il famoso "Flora", disegnato espressamente per Grace Kelly. Muore a Milano nel 1982.



V. Accornero pubblica per Mondadori una serie di album a grande formato con protagonista il cane Tomaso, di cui elabora anche il testo.
Il primo album, intitolato semplicemente Tomaso (cover e ill. interna),
Mondadori, 1944
(courtesy Elisabetta Filippetti)


Il secondo e il terzo album , Tomaso cacciatore, Mondadori, 1948,
e
Tomaso, caro Tomaso !, Mondadori, 1955
(courtesy Elisabetta Filippetti)


Illustrazioni interne da Tomaso cacciatore
(courtesy Elisabetta Filippetti)

A. Lichtenberger, Piccolo Re, Capolavori stranieri per la gioventù
Bemporad, 1930
copertina e ill. int. di Edina Altara e Max Ninon

Il Giornalino della Domenica,
Anno VII, N° VII
copertina di Vittorio Accornero (Ninon)

Vittorio Accornero

la firma di V. Accornero sul foulard "Flora"


Per una bella monografia su Edina Altara, ricca di fotografie ed immagini,
rimandiamo a:
Edina Altara
di Giuliana Altea, collezione I maestri dell'arte sarda n° 19,
Nuoro, Ilisso, 2005

AMADIO, ORESTE (1873 - 1948)

Nasce a Montalto delle Marche (Ascoli Piceno) nel 1873; autodidatta. Illustra per circa un ventennio quasi esclusivamente per le case editrici milanesi Società Editoriale Milanese, Bietti e Barion, specializzate in pubblicazioni a fascicoli di edizioni popolari di opere classiche, romanzi storici e d'avventura, romanzi di cappa e spada, fantastici e polizieschi - da Hugo a D'Alaja, da Provaglio a Balzac, da Collodi a Malot, da Salgari a Vertua Gentile, da Fogazzaro a Oriani, da Capranica alla Baronessa Orczy. Realizza inoltre innumerevoli copertine e illustrazioni di libri per l'infanzia. Per i classici citiamo La Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso "tradotta in prosa per uso del popolo italiano" (1912) con 51 disegni e L'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto "ampiamente tradotto in prosa per uso del popolo italiano" (1913-14) con 132 "disegni originali": ambedue i lavori a cura di Giuseppe Castelli e usciti a fascicoli per la Società Editoriale Milanese. Si cimenta inoltre con la Divina Commedia, tradotta in prosa per "uso del popolo italiano", nella rara e particolare edizione a fascicoli del 1910 della Società Editoriale Milanese, sempre a cura di Giuseppe Castelli. Il prof. Attilio Coltorti, critico d'arte, ha reso disponibili le riproduzioni delle 80 tavole realizzate da Amadio per una mostra dedicata all'artista. Le sue illustrazioni si distinguono per la capacità e la forza che hanno di accompagnare visivamente e con rara immediatezza il contenuto del testo, sia mediante colorate copertine in cui prevale, come è naturale, un linguaggio pittorico complessivo, ben distinto dal titolo dell'opera sempre posto in bella evidenza, che nelle pagine interne, dove la "narrazione grafica", benché più sobria in quanto sempre in bianco e nero, si fa più precisa e dettagliata, ed è sempre accompagnata dalle poche righe di testo da cui l'artista ha tratto ispirazione.
Nel 1900 sposa Matilde Laureti da cui ha il figlio Walter (nato nel 1902); nell'aprile del 1910 si trasferisce a Sesto San Giovanni, e nel 1928 emigra alla volta della Tunisia dove si stabilisce: questa decisione è probabilmente suggerita dal figlio Walter, fotografo, operatore e regista cinematografico, che fin dal 1925 risiedeva in Eritrea. Oreste Amadio tiene uno studio a Tunisi, nel quartiere di Montfleury, e diviene apprezzato ritrattista di stampo tradizionalista, tanto da ricevere alcuni premi e partecipare a diverse esposizioni, tra le quali a quella della Società Operaia di Tunisi nel 1929. In un articolo del 1928, apparso sul giornale tunisino di lingua italiana "L'Unione", Amadio afferma che da quella data in avanti (ormai ha abbandonato l'illustrazione) sarebbe stato il ritratto a prevalere nella sua pittura. Muore a La Marsa in Tunisia nel 1948.

Le informazioni riportate sono state cortesemente fornite dal Prof. Attilio Coltorti.
© Attilio Coltorti


Altri illustrati da Oreste Amadio:

Michele Zévaco, Cappa e spada (Ed. Popolare Milanese, 1928)
Michele Zévaco, Il ponte dei sospiri (Società Editrice Milanese, n.d., e poi Bietti, n.d.)
Alfredo Oriani, Vortice: romanzo (Barion, 1924)
Alfredo Oriani, Gelosia: romanzo (Barion, 1924)
Georges Ohnet, Il padrone delle ferriere (Società Editrice Milanese, n.d.)









E. Malot,
Senza famiglia
,
Ed. Popolare Milanese, 1929,
cover di Oreste Amadio
Croce,
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno
,
Barion, 1926,
cover di Oreste Amadio
(courtesy Attilio Coltorti)




Michele Zévaco,
La corte dei Miracoli
,
Bietti, n.d.,
cover di Oreste Amadio
Michele Zévaco,
La corte dei Miracoli
,
Bietti, n.d.,
ill. int. di Oreste Amadio
(courtesy Donatella Legnani)


C. Collodi,
Minuzzolo
,
Barion, 1927,
cover di Oreste Amadio
C. Collodi,
Giannetino
,
Barion, 1924,
cover di Oreste Amadio
(courtesy Attilio Coltorti)



C. Collodi, Giannetino, Barion, 1924, ill. int. di Oreste Amadio
(courtesy Attilio Coltorti)

La Divina Commedia nell'edizione a fascicoli del 1910 della Società Editoriale Milanese,
a cura di Giuseppe Castelli e illustrata da O. Amadio. Sin: cover, dx: ill. int. (XII, 73-75)
(courtesy Attilio Coltorti)


Cino Liviah,
La Fata delle Stelle,
Bietti, 1947
cover di Oreste Amadio
Fata X (M. Gioia),
Nel regno delle fate,
Bietti, 1942
cover di Oreste Amadio
(courtesy Donatella Legnani)


ANGOLETTA, BRUNO (1889 - 1954)

Nasce a Belluno il 7 novembre 1889, ma nel 1908 si trasferisce a Roma. Collabora conme scenografo e costumista per il "Teatro dei piccoli" di Podrecca, e illustra il settimanale satirico L'Asino. Nel 1914 inizia come illustratore per l'editoria libraria: suoi sono molti dei volumi de La bibliotechina de "La lampada" (Mondadori). E' volontario nella Prima Guerra Mondiale. Al termine del conflitto collabora con Il Pasquino, La tribuna illustrata, Il Guerin Meschino, Bertoldo, e realizza numerose copertine per il Giornalino della domenica nelle edizioni del terzo periodo. Nel 1920 Mondadori gli affida il giornalino Giro giro tondo redatto da Beltramelli. Nel 1927 sposa Fidelia Mezzelani e si trasferisce a Milano. Qui inizia la lunga collaborazione con Il Corriere dei piccoli di Spaventa, creando il celebre Marmittone (1928) e successivamente altri personaggi: Sor Calogero Sorbara, il dottor Centerbe, Pampam della Micragna, e i balillini Romolino e Romoletto. Marmittone è un soldatino italiano di buona volontà ma perseguitato dalla sfortuna, e finisce sempre in prigione. Marmittone è in contrasto con il regime fascista, ma resiste fino ai primi Anni Quaranta. Negli anni della guerra poi Angoletta inventa per il regime il personaggio Mr. Dollar, una satira sul "nemico americano". Per Mondadori disegna il famoso marchio della Medusa per la prestigiosa collana. Illustra complessivamente oltre un'ottantina di volumi, tra i quali anche il famoso Giove e le bestie di Trilussa nel 1932, ma è anche grafico, cartellonista, pittore (partecipa per un certo periodo all'avanguardia futurista), ed espone a due biennali veneziane, nel 1928 e 1936. Muore a Milano il 7 gennaio 1954. Si firma con la sola A o anche ANG.
Nel 2007 Little Nemo di Torino presenta una monografia sull'opera di Bruno Angoletta dal titolo "Angoletta alla A. alla Ang."


Le avventure di Pinocchio, Garzanti, 1951, cover
courtesy Lia Madorsky

ill. interna da: Le avventure di Pinocchio, Garzanti, 1951; ill. di B. Angoletta

Libro di lettura,
Mondadori, 1925
cover di Angoletta
Libro di lettura,
Libreria dello Stato, Roma, n.d.
cover di Angoletta


La guardia della collana
Bibliotechina de "La Lampada"
di Mondadori
siglata ANG

Yambo,
Storia di una donnina
col nasino all'insù
,
Mondadori, n.d.
cover di Angoletta


Manifesto per la Italstrade,
1932
Il Giornalino della Domenica,
Anno XIII, N° 9, 15 maggio 1925
cover di Bruno Angoletta

ANICHINI, GIUSEPPE (1862 - 1936)

Pittore fiorentino, Giuseppe Anichini (Siena, 1862 - Firenze 1936) inizia la collaborazione con Bemporad per alcune illustrazioni dell'Almanacco Italiano fin dai suoi esordi, ma è il figlio Ezio che continua il mestiere paterno, superandolo in notorietà. Giuseppe Anichini illustra per diverse testate e case editrici, tra le quali la Adriano Salani.


Una cartolina staccabile in testa all'Almanacco Italiano Bemporad
1902, rappresentante Prometeo
(nel testo si fa riferimento al mito),
di Giuseppe Anichini


La cover del Catalogo Generale
Adriano Salani Editore del 1917:
l'ornato del disegno è
di Giuseppe Anichini


ANICHINI, TIBURZIO EZIO (1886 - 1948)

Tiburzio Ezio nasce il 24 aprile 1886.
Esordisce nel 1903 collaborando a Scena Illustrata (fino al 1936). Non vi sono testimonianze di studi compiuti in qualche Accademia, sicché è lecito pensare che sia autodidatta ed abbia appreso l'arte dal padre. E' anche scultore, lo studio è in via Gino Capponi 8. Nel 1906 partecipa al concorso per le copertine del Giornalino della Domenica, di cui diviene uno dei disegnatori di punta. Collabora anche alle riviste Musica e Musicisti e Juventus. Illustra Il Corriere Musicale dei Piccoli e Peter Pan nei giardini di Kensigton. Il suo tratto caratteristico è senz'altro il segno tardo liberty di ispirazione simbolista, immediatamente riconoscibile, soprattutto negli ornati e nelle testate. Può essere ispirato "dall'immagine littoria della romanità" (ricaviamo queste parole da un noto critico d'arte), ma non è escluso che avesse aderito al partito; di fatto illustra molto per il Regime (cartelloni, cartoline, stampa di propaganda per la gioventù fascista, etc.). Muore il 23 settembre 1948. Per distinguersi dal padre firma sempre per esteso e in maiuscoletto. Non si conosce molto della sua vita privata, ma ricaviamo dall'autobiografia di Laura Orvieto, per la quale disegna le copertine delle "storie" pubblicate da Bemporad e la copertina di Sette Leggende pubblicato da Treves (una splendida illustrazione verde e nera con tocchi d'oro) questa noticina: "aveva gran talento, ma nel resto della vita era così nullo, così sconclusionato, così inetto da parere qualche volta deficiente, e da restare, pur sempre lavorando, povero e come bambino e in miseria sempre".
Ezio e Giuseppe Anichini illustrano alcuni volumi della Biblioteca delle Signorine Salani, per i quali si rimanda alla relativa pagina.

Manifesto per l'Arma
dei Carabinieri Reali di
Ezio Anichini
Cartolina per il Regime Fascista
di Ezio Anichini


Scena Illustrata, Anno XI, 1-15 aprile 1933
cover di Ezio Anichini

Almanacco Italiano Bemporad
1920, cover
di Ezio
Anichini
Ezio Anichini predilige lo stile
limpido e lineare ispirato alle decorazioni attiche, come nella
cover per L. Orvieto,
Storie della storia del mondo, Bemporad, 1937




Le testate delle varie rubriche
dell'Almanacco della Donna Italiana
Bemporad
degli Anni Venti sono tutte
di Ezio Anichini

Due cartoline titolate
"dal fronte interno ai fratelli della trincea"
di Ezio Anichini

BALDO, GINO (1884 - 1961)

Pittore, illustratore e grafico pubblicitario, Luigi Baldo nasce a Padova il 20 febbraio 1884 e dopo gli studi si trasferisce a Parigi dove frequenta Severini e Modigliani, ma la sua vocazione è piuttosto per la caricatura e l'illustrazione umoristica (espone con successo insieme ai caricaturisti francesi). Durante la guerra esordisce sul Il Secolo XX con impressioni dal fronte; in seguito collabora a numerose testate; per Il Corriere dei Piccoli crea i personaggi di Procopio (1939), il Sor Pedante Pelnevallo (1945), Cippirin Cippirimerlo e Capitan Ponzipò. Collabora a Novella e Lidel. Illustratore di libri per ragazzi, in particolare firma le edizioni XXX di Jules Verne. Muore a Milano nel 1961.

  Per la collana Scala d'Oro (U.T.E.T.) illustra due volumi: Serie IV n° 5, Serie V n° 3.


T. Gautier, Gianni e Giannina, Minerva, 1923, cover di Gino Baldo
(courtesy Piccolo Museo di Bambole e altri Balocchi, Ravenna)


La Vispa Teresa, Anno V, n° 22, ill. interna di Gino Baldo


 
Lucilla Antonelli,
Vita e miracoli di una vecchia madia
,
Biblioteca Bemporad per i Ragazzi
1921
Ill. int. di Gino Baldo
 
G. Latronico,
Novale - Letture per la terza classe
, 1946
Ill. int. di Gino Baldo

(courtesy Lia Madorsky)

BATTIGELLI, MARINA (1894 - 1979)

Nasce al Cairo il 3 luglio 1894 da genitori triestini. Il nonno trova lavoro ad Ismaila in Egitto, su interessamento del barone Pasquale Revoltella, al tempo della prima rappresentazione dell'Aida verdiana (1871), il padre Antonio è architetto e lavora al servizio del Kedivé. Negli anni Novanta dell'Ottocento la situazione politica precipita e i Battigelli emigrano in Svizzera, a Graz; dopo la morte del capofamiglia tornano in Italia e si stabiliscono a Firenze. Autodidatta, Marina mostra una precoce attitudine al disegno, ma non compie studi regolari, né tantomeno d'arte. Tuttavia, è una delle maggiori illustratrici di libri per bambini, e si afferma fin dalle prime prove, alle quali non è estraneo il ricordo della grafica di Kate Greenaway e Randolph Caldecott; più tardi avrà modo di riflettere anche sulle illustrazioni delle cognate d'Orlandi. Il fratello Raffaello, architetto e ingegnere, sposa infatti la pittrice Fides d'Orlandi, che, insieme con la sorella Lea, più famosa, era allieva di Gasparini. Anche il fratello Beniamino è ingegnere; entrambi sono molto dotati nel disegno tecnico. I fratelli Margherita, Amelia e Giacomo, pur sapendo disegnare, non sono "artisti".
Esordisce nel 1921 con Vangelo raccontato ad un bimbo dalla sua mamma con lo pseudonimo di Agnese Lulli e collabora al Giornalino della Domenica. Acquafortista, le sue opere incise fanno parte delle maggiori raccolte nazionali ed estere: Ai musei Pitti e Uffizi di Firenze, alla Galleria Pisani di Roma, a Tokyo, a Lipsia, a New York. Riceve un encomio speciale alla XXII Biennale di Venezia; la medaglia d'argento alla Mostra Francescana di Assisi nel 1927; il secondo premio Città di Orvieto per l'incisione nel 1941. Bruno da Osimo pubblica su di lei quattro articoli, nel 1938, 39, 40 e 41. Notevoli sono le raccolte a tema (Maternità, Mondadori) e fiabe da lei stessa scritte e illustrate. Novelle, bozzetti e pagine di critica appaiono contrassegnate da una sigla di pseudonimo. Vive sempre con la madre, unica tra tutti i fratelli a non sposarsi, ed alleva come suo un bambino trovato durante la Grande Guerra dopo una delle battaglie del Carso da un gruppo di Alpini accanto alla madre morta; Giovanni Lesca era probabilmente il vero nome del bambino, mai variato; anch'egli non si sposò mai. Marina Battigelli muore a Firenze il primo giugno 1979.
Si firma in vari modi: con le sole iniziali oppure con il nome per esteso, oppure con l'iniziale puntata e il cognome per esteso; a volte aggiunge "Firenze" sotto la firma. La bibliografia di Marina Battigelli conta un centinaio di titoli.

La Redazione ringrazia Piero Pacini e Laura Baldasseroni per le informazioni fornite.

Sienkewitz, Quo Vadis?, La scala d'Oro, UTET, 1945
ill. int. di
Marina Battigelli

L. Alcott,
Le buone mogli,
Capolavori Stranieri per la Gioventù, Bemporad, 1933
ill. int. di Marina Battigelli
Sofia Bisi Albini,
Una nidiata
,
Bemporad, 1931
cover di Marina Battigelli




Sopra:
bozzetti di bimbo (particolare),
matita su bristol,
collezione privata, Roma
(courtesy Alina di Collefiorito)








Sin: Marina Battigelli


Marina Battigelli
Un miracolo del sole
S.A.I.E., n.d.
cover
Marina Battigelli
Un balletto tra le nuvole
S.A.I.E., n.d.
pag. 12

Marina Battigelli. Sin: opera presentata alla XIX Biennale di Venezia (1934)
e dx: "L'artista", opera presentata alla XX Biennale di Venezia (1936)



BAZZI, MARIO (1891 - 1954)

Nasce a Bologna il 20 settembre 1891. Frequenta il Collegio Artistico e collabora con Il mondo e Il Secolo XX. Trasferitosi a Milano appena ventenne, si afferma come cartellonista pubblicitario ma soprattutto come caricaturista. Si firma anche GianGaspare. Il suo tratto caratteristico è il disegno a carboncino poi colorato a forti tinte (come nelle copertine della serie "Gli uomini del giorno" della casa editrice Modernissima) vagamente influenzato dalla pittura cubista, e soprattutto la mezzatinta. Collabora a diverse case editrici e a testate come Il Bertoldo, Ardita (rivista mensile de Il Popolo d'Italia), Guerin Meschino, La Lettura (fino al 1933), Satana, e Il Pettirosso (settimanale satirico dell'Avanti!) Nel 1915 collabora al settimanale militare umoristico illustrato Alla baionetta! e nel 1918 al settimanale dei soldati del Grappa La trincea. Egli stesso è impegnato nella Prima Guerra Mondiale nel corpo degli Alpini. Dagli Anni Trenta collabora a testate satiriche come Settebello, e Ta-Pum (canzoni in grigioverde); nel secondo dopoguerra anche a Il Barbagianni, Fra' Diavolo. Illustra libri per l'infanzia e crea nel 1926 il personaggio di Archimede per il Giornalino della Domenica. E' anche pittore ritrattista e talvolta paesaggista, ma si conoscono solo alcune vedute di Milano. Muore a Milano il 30 novembre 1954.




Mario Bazzi, due autoritratti



Mario Bazzi, "Ritratto di Adele Aliprandi Castoldi" (1941), olio su tela
Source: Raccolte d'Arte dell'Ospedale Maggiore
(proprietà della Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano)


BERNARDINI, PIERO (1891 - 1974)

Nasce a Firenze il 23 giugno 1891. Studia per diventare un tecnico delle Ferrovie, dove lavora anche il padre, ma frequenta anche una scuola d'arte e nel 1908 esordisce sulle pagine del Passerotto, supplemento mensile de Il giornalino della domenica riservato agli abbonati, diretto da Omero Redi. Più tardi collabora anche al Corriere dei Piccoli e al Giornale dei Balilla. Nel 1914 espone alla 'Mostra del bianco e nero' di Firenze. Viene assunto alla Biblioteca filosofica di Firenze e comincia una vasta attività di illustratore, sia per l'editoria infantile, soprattutto per Bemporad e UTET (Scala d'oro), sia per periodici (La lettura, Comoedia, L'illustrazione Italiana, Il Secolo Illustrato, Il dramma, il Romanzo mensile, il Romanzo per tutti, i satirici Pasquino e Travaso); è anche grafico e pubblicista. Illustra i più noti titoli dell'editoria per ragazzi (Swift, Kipling, Panzini, e tanti altri, per circa 200 titoli) e un celebre Pinocchio nel 1924. Per Bemporad disegna anche alcune copertine degli Almanacchi, e illustra diversi titoli dell'Istituto Editoriale Italiano. Si sposa nel 1925. L'attività di fumettista e illustratore continua anche dopo la Seconda guerra mondiale, nonostante la sua miopia si vada sempre più aggravando; disegna anche tavole a fumetti per La settimana dei ragazzi. Nel 1971 pubblica l'autobiografia Fatti miei, memorie di un ottuagenario. Muore a Firenze il 13 ottobre 1974.
Si firma per esteso oppure con la sola B sormontata da una losanghina piena.

Maupassant,
La signorina Fifì,
I.E.I., n.d.,
ill. int. di Piero Bernardini (tav. 1)


La Lettura,
Anno XXX,
N° 4
1° aprile 1930

cover di Piero Bernardini
Il Giornalino della Domenica,
Anno XII,
N° VI
cover di Piero Bernardini
(courtesy E. Samarelli)


Illustrazione per la novella La vittima dell'ospitalità
di Benedetto Ciaceri (1902-1965), pubblicata su Il romanzo mensile,
illustrata da Piero Bernardini




Bozzetto di Piero Bernardini per l'Autostrada Firenze-Viareggio
pubblicata su L'Illustrazione Toscana, 1928


Piero Bernardini (al centro)





Una partita di caccia, La settimana dei Ragazzi, 1954
testo e disegni di Piero Bernardini



La testata e l'incipit della novella Il merlo in Paradiso di Ugo Ojetti (1871-1946),
pubblicata su L'Illustrazione Italiana, illustrata da Piero Bernardini

Piero Bernardini, illustrazione per il poemetto Il Corsaro Nero
di Mario Buzzichini, tratto da Ragazzi d'Italia,
1/9/1923 (un supplemento del Resto del Carlino)
La didascalia recita:
"Infatti, guardate, laggiù: - c'è un veliero
ed è, sissignori, il veliero - del Corsaro Nero"






Tompusse e le bestie
nella riedizione della Scala d'oro
degli anni Sessanta e Settanta

L'editore rifece completamente l'impostazione grafica e fece illustrare
gli interni ad artisti moderni
(questo volume è illustrato
da Piero Bernardini)
(courtesy Elisabetta Gatti)

Tompusse e le bestie, ill. interna a doppia pagina di
Piero Bernardini
(courtesy Elisabetta Gatti)

BERTOLETTI, NINO (1889 - 1971)

Umberto Natale Bertoletti, detto Nino, nasce a Roma il 28 ottobre 1889 da Francesco, di professione pellicciaio, e Luigia Della Grisa. Compie studi di ragioneria e il padre lo mette a bottega, tanto che viene mandato in Germania per impratichirsi, ma appena ventenne comprende che la sua strada è un'altra; frequenta dapprima il gruppo di artisti fondatori della rivista La Casa (tra i quali Duilio Cambellotti, Umberto Bottazzi e Vittorio Grassi) per la quale disegna negli anni 1909/1910 un gruppo di vignette in bianco e nero, derivate dallo stile inaugurato da Aleardo Terzi collaboratore anch'egli della testata. Alcuni di questi disegni sono dedicati ai problemi dell'arredamento, tema centrale della rivista. E' anche illustratore della rivista Novissima e realizza alcune copertine a colori (1911-1912) per la rivista Roma, pubblicata in occasione dell'Esposizione del cinquantenario del Regno d'Italia, e illustrazioni pubblicate su La Lettura nel 1914, in bianco e nero. Nel 1910 espone alla Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Valle Giulia, nel 1911 a Napoli, alla I Mostra d'arte giovanile, nel 1913 alla I Secessione Romana. Il genere spazia dal divisionismo al simbolismo.
Tra il 1915 e il 1919 illustra tre volumi della serie "Bibliotechina de La Lampada" Mondadori, tra i rari esempi di illustrazione di libri per l'infanzia, e realizza alcune illustrazioni interne del Giornalino della Domenica nel periodo 1909/1910.
Nel 1912 conosce Pasquarosa Marcelli (9/11/1896 - 20/10/1973), figlia di Francesco e Maria Meddi, contadini di Anticoli Corrado, pittoresco paesino della valle dell'Aniene, noto agli artisti sia per l'ameno paesaggio sia per le belle ragazze che si recavano a Roma come modelle per gli studi di via Margutta o per l'Accademia di Belle Arti, forse con la speranza di far meglio che non al paese. Una zia di Pasquarosa, infatti, venuta a Roma come modella aveva sposato lo scultore svizzero Bertoldo Nebel, e la nipote la raggiunge appunto per intraprendere la medesima carriera. Pasquarosa posa per Bertoletti, che aveva lo studio in via S. Nicola da Tolentino, e in breve tra i due si innesca una relazione sentimentale. Nel 1913 Bertoletti trasferisce il suo studio a villa Strohl-Fern, dove si erano installati già diversi artisti e dove si stava formando una vera e propria cerchia. Il 23 ottobre 1915 i due si sposano e vanno ad abitare al n. 15 di via A. Bosio, in una casa procurata da Luigi Pirandello. Avranno due figli: Giorgio (n. 29 aprile 1916) e Carlo Francesco (n. 30 aprile 1924). Il 9 giugno 1927 si sposeranno anche con il rito religioso nella chiesa romana di S. Agnese fuori le Mura. Pasquarosa, cessata l'attività di modella, si mette a dipingere anche lei, con risultati di tutto rispetto. Esordisce nel 1915 con cinque dipinti alla III Esposizione internazionale d'arte della Secessione romana: uno viene acquistato dalla Regina Margherita (oggi con il titolo "Fiori" è conservato a Roma, Palazzo del Quirinale).
Durante la Grande Guerra Nino Bertoletti viene richiamato al fronte, da dove esorta la moglie a proseguire la carriera artistica. Ritornato senza danni, inizia ad esporre con regolarità: nel 1926 alla Mostra del Novecento a Milano; nel 1928 alla Biennale di Venezia; nel 1929 alla III Mostra Marinara d'Arte a Roma; alla I e alla II Mostra del Sindacato Romano Fascista delle Arti nel 1929 e 1930; agli Amatori e Cultori, nel 1927 e nel 1930; ancora alle Biennali di Venezia nel 1930 e nel 1936; alla Quadriennale romana nel 1935 con una sala personale d'arte.
Nel 1939 i Bertoletti si trasferiscono in una bella casa in via Condotti, dove Nino si diletta di raccogliere quadri antichi e di pregio, e dove crea un circolo di artisti ed intellettuali tra i quali Ardengo Soffici, Giorgio De Chirico, Luigi Pirandello, Massimo Bontempelli, Emilio Cecchi, Alberto Moravia, Giuseppe Ungaretti, il maestro Casella, Giovanni Papini, Renato Guttuso. Con Giorgio De Chirico, incontrato a Parigi nel 1919, Nino Bertoletti intrattiene una fitta corrispondenza (inedita, conservata a Roma presso i suoi eredi) fino alla metà degli anni Trenta. Dopo la Seconda Guerra Mondiale si focalizza sulla figura, soprattutto nudi, dipingendo composizioni complesse e ritorna al paesaggio, per il quale si ispira ai frequenti viaggi in Italia e all'estero. Schivo di carattere, rifiuta altre personali e non espone nemmeno più alle collettive. Muore a Roma il 24 gennaio 1971.
Si firma col solo cognome, a volte scritto con la "e" diversa, raramente con le iniziali N.B.
La moglie Pasquarosa prosegue in parallelo la carriera artistica con molteplici presenze alle mostre italiane ed estere (Madrid 1928, Londra 1929), con buon successo di critica (il quadro intitolato "Capanne sulla spiaggia" viene acquistato dal Comune di Roma, oggi conservato alla Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea), e mostre personali. Nel 1931 espone alla I Quadriennale di Roma, nel 1932 alla Mostra d'arte femminile di Roma, e con quattro opere alla III Mostra sindacale fascista del Lazio, con sette dipinti tra i quali l'interessante "Tavolo da gioco" che viene acquistato dal ministro G. Bottai. Partecipa regolarmente alle mostre collettive più importanti, come le Biennali di Venezia e le Quadriennali romane o le Sindacali laziali. Negli anni Cinquanta espone in diverse mostre personali. Pasquarosa muore a Camaiore, in Versilia, due anni dopo la morte del marito.



Nino Bertoletti, "Ritratto di Pasquarosa", olio su tela, 54x73, 1934




Ill. int. di Nino Bertoletti per Biancastella di Maria Savi Lopez, Mondadori,
Bibliotechina de La Lampada, 1919
Ill. int. di Nino Bertoletti per I capricci di Fata Luna di Fiducia, Mondadori,
Bibliotechina de La Lampada, 1919
(sono le uniche due illustrazioni del volume)
(courtesy Lia Madorsky)

Nino Bertoletti e la moglie Pasquarosa nel giardino di villa Strohl Fern (Roma), 1925



villa Strohl Fern



Nino Bertoletti, "Autoritratto", 1968; e "Autoritratto, - variazione", 1968


BETTI, DARIO (1891 - 1987)

Dario Guglielmo Rodolfo Betti nasce a Firenze il 6 ottobre 1891 da Ezio e Igina Banti. Consegue la licenza tecnica e lavora come impiegato,
in seguito archivista a S. Maria Nuova, pertanto è autodidatta in materie artistiche. Espone alla Biennale di Venezia nel 1924 e all'Internazionale di Arte Sacra di Padova, alle prime tre Quadriennali di Roma (per invito), alla Mostra dell'incisione di Firenze, alla Fiera del Libro di Lipsia e alla I Fiera del Libro di Firenze, dove è anche membro della giuria per le illustrazioni editoriali. Acquafortista, è anche incisore e xilografo. Una sua acquaforte "Capraia sull'Arno" è conservata alla Galleria d'Arte Moderna di Firenze. Si dedica all'illustrazione per diversi editori, famose sono le sue copertine di libri per ragazzi (Bemporad, Carabba) e collabora a Scena Illustrata come fotografo. Tra i volumi più noti citiamo Buzzichini, Storielle vecchie o quasi (con xilografie); Marchetti, Vita di S. Francesco (xilografie); nel 1950 pubblica il manuale Tecnica dell'incisione. Muore a Firenze nel 1987.





Dario Betti

L. Capuana, Le nozze di Primpellino e Re Tuono
nella Biblioteca Bemporad per i Ragazzi,
1932
covers di
Dario Betti


Il Giornalino della Domenica,
Anno VIII, n° VII, 15/2/1920,
cover di
Dario Betti
Il Giornalino della Domenica,
Anno VIII, n° VIII, 22/2/1920,
ill. int di
Dario Betti


BIANCHI, ALBERTO (1882 - 1969)

Nasce a Rimini il 10 settembre 1882, nipote di Mosè Bianchi (1836-1890, che studiò sotto l'Hayez e fu un grande pittore, morto depresso e dimenticato). Frequenta la scuola di Antonio Mancini. E' illustratore di libri, riviste e giornali, tra i quali Lidel, Novella, Il Secolo illustrato, II Secolo XX, il Guerin Meschino; per i piccoli illustra un'edizione del Pinocchio (1926) e collabora ad alcuni giornalini tra i quali
II corriere dei Piccoli e Il giornalino della domenica di Vamba (negli ultimi anni), ma è noto soprattutto come copertinista del Romanzo Mensile Mondadori e La Lettura, il periodico del Corriere della Sera. Da un articolo di WUZ apprendiamo che "nel 1929, anno in cui Lorenzo Montano e Luigi Rusca diedero vita, per Mondadori, alla collana «I Libri Gialli», i primi cinque numeri di quella collana si presentavano, su ideazione dell’illustratore Alberto Bianchi, con una copertina gialla sulla quale spiccava un esagono rosso. Dal sesto numero, il pittore inglese Abbey trasformò l’esagono in un cerchio rosso omaggiando così la celeberrima firma di Edgar Wallace (che era appunto un cerchio rosso su fondo giallo)". Esegue anche bozzetti e cartellonistica pubblicitaria (suo è il famoso poster per l'Ardita della Fiat).
Si dà anche al ritratto specialmente nell'ambiente aristocratico e industriale milanese. Le sue opere denotano una forma schietta e brillante, correttezza del disegno, somiglianza stretta col soggetto, armonia cromatica di tipo ottocentista. Esegue le decorazioni del teatro del Re Fuad in Egitto e del Teatro Comunale di Rimini. La "Prima esposizione nazionale di Belle Arti" di Rimini nel 1929 lo segnala tra i migliori pittori italiani assieme a Vittorio Pardo e Gaetano Previati; vince il Premio Ramazzotti nel 1959 a Milano, ex-aequo con Contardo Barbieri. Muore a Milano nel 1969.



Alberto Bianchi, cartolina



A. Cahuet,
L'ultimo idillio dell'Imperatore,
Il Romanzo Mensile,
Anno XXXII, N° 8, Agosto 1934
cover di Alberto Bianchi
Baronessa Orczy,
La matassa aggrovigliata,
Il Romanzo Mensile,
Anno XXVIII, Gennaio 1930
cover di Alberto Bianchi


Alberto Bianchi: illustrazioni interne per Le avventure di Pinocchio,
Bietti, 1926 (cover di Roberto Sgrilli).
(courtesy Lia Madorsky)

BIASI, GIUSEPPE (1885 - 1945)

Nasce a Sassari il 23 ottobre 1885 da Giovanni, ingegnere, e Carolina Cipriani, primo di quattro (Antonio n. 1888, Isabella n. 1891, Attilio n. 1893). Pittore, incisore, caricaturista e illustratore, specializzato in opere ad olio, disegni e piccole tempere. Frequenta il liceo classico e si laurea in giurisprudenza (1908) ma non esercita. Fin da giovanissimo ama disegnare e si cimenta nella caricatura, e alcune gli vengono pubblicate su La Nuova Sardegna. Nel 1904 si trasferisce a Roma dove frequenta nomi illustri del disegno come Ugo Fleres e Duilio Cambellotti, ma anche Diego Angeli, Giovanni Cena e Pirandello. Inizia l'attività di illustratore a Italie, al Giornale d'Arte di Napoli, e all'Avanti della domenica (dal 1905 al 1910). Nel 1906 Bertelli indice un concorso per le copertine del neonato Giornalino della Domenica, che viene vinto da Aleardo Terzi, ma Biasi ottiene il terzo posto ex-aequo con Brunelleschi, e da quel momento collabora al Giornalino a partire dal n°2 del 1907 e fino a tutto il 1910. Ritorna poi in Sardegna dove allestisce una sua mostra personale di cartoni e caricature al Politeama Verdi di Sassari, dove vengono apprezzati i suoi lavori per la composizione quasi geometrica del disegno, con gusto decorativo ispirato dal secessionismo. Torna ancora a Roma, e nel 1913 partecipa alla prima Mostra della Secessione Romana con tre opere, e comincia ad affermarsi; in seguito partecipa anche a diverse biennali veneziane con discreto successo. Nel 1915 è richiamato in guerra ma viene quasi subito ferito ad una gamba per cui rimane un po' zoppo. Nel 1916 si trasferisce a Milano insieme con l'amico Mario Mossa De Murtas (che disegna per il Corriere dei Piccoli) dove inizia a collaborare a L'Illustrazione Italiana e La Lettura. Tra il giugno 1917 e l'aprile 1918 esce in undici puntate su La Lettura L’incendio nell’oliveto di Grazia Deledda, illustrata da quaranta immagini di Giuseppe Biasi. Tra la scrittrice e il pittore sussisteva da tempo una fattiva collaborazione testimoniata dal carteggio della Deledda, che gli invia diverse lettere per la programmazione delle illustrazioni dei suoi lavori dove traspare la stima per il disegno di Biasi. La Deledda scrive quattro novelle per il Giornalino della Domenica: "Il maialino di Natale" (1909), "I sette fratelli" (1910), "Il pastorello" (1910), "I tre vecchi" (1911), tutte illustrate da Biasi. Lui le fa anche un ritratto-caricatura che diviene famoso. A Milano frequenta gli ambienti intellettuali e artistici, e si lega di amicizia con artisti come Edina Altara, i fratelli Melkiorre e Federico Melis, Primo Sinopico, con i quali partecipa alla Mostra Sarda nel 1917. Tra il 1924 e il 1927 compie un viaggio in Nord Africa, da cui trarrà ispirazione per i suoi dipinti, cambiando radicalmente lo stile. Nel 1925 espone all'Expo di Parigi e nel 1926 espone ad Alessandria d'Egitto un quadro intitolato "La regina di Saba" che viene definito bellissimo. Partecipa in seguito a numerose mostre in tutta Italia, alla Quadriennale romana e ancora alla Biennale veneziana, ed espone in numerose personali. Da sempre ammiratore della cultura tedesca e filo-wagneriano, attorno al 1940 si mette a studiare il tedesco, pensando di trovare in Germania nuove possibilità di lavoro. Dopo l'8 settembre aderisce alla Repubblica Sociale. Nel 1944 espone la sua ultima personale a Busto Arsizio con il consueto successo di vendite. Occasionalmente funge da interprete per le SS di stanza a Biella, e questo è ciò a cui ci si aggrappa per accusarlo di essere una spia al soldo tedesco: viene accusato da una lettera anonima per cui viene arrestato il 2 maggio del 1945; incarcerato, nel trasferimento ad Andorno Micca (nel biellese) durante una rivolta in strada viene aggredito e assassinato. Era il 20 maggio 1945.

Giuseppe Biasi


Grazia Deledda, "I sette fratelli", novella per Il Giornalino della Domenica
20 novembre 1910.
llustrazione di Giuseppe Biasi


Grazia Deledda nel ritratto-caricatura
di Giuseppe Biasi
pubblicata nel 1905
sull'Avanti! della domenica.
L'Avanti della Domenica,
22 gennaio 1905
cover di Giuseppe Biasi


Il Giornalino della Domenica, Anno II, n°2, cover di Giuseppe Biasi.
Si tratta del disegno arrivato al terzo posto del concorso per le copertine indetto nel 1906.
Biasi ridisegna il lettering della testata rendendola più consona al suo stile, mentre tutti gli altri copertinisiti (eccetto Viani, Levi, e talvolta Andreini) manterranno la testata originale,
divenuta il logo del Giornalino.




Grazia Deledda, "La volpe", La Lettura, agosto 1911
illustrazione di Giuseppe Biasi


BIGNAMI, VESPASIANO (1841 - 1929)

Nato a Cremona nel 1841, fu uno degli artisti più versatili della scapigliatura, animatore instancabile della vita artistica milanese tra la fine dell'800 e l'inizio del '900: pittore e apprezzato ritrattista, violinista e direttore d'orchestra, critico d'arte e insegnante all'Accademia di Brera, collaboratore di diversi giornali, poeta dialettale, rivelò anche notevoli doti di umorista e caricaturista. Fu promotore di svariate iniziative culturali e organizzatore di numerose esposizioni e feste cittadine. "Vespa", come lo avevano ribattezzato a Milano, era arrivato nella capitale lombarda da Cremona nel 1862, come disegnatore caricaturista dello Spirito folletto di Sonzogno. Intorno a lui si costituì la Scapigliatura e nel 1873 la "Famiglia artistica": cenacolo di incontri e sperimentazioni autogestite da pittori e scultori, che assolverà un ruolo importante negli scambi fra le varie scuole italiane e nel promuovere la comunicazione con il pubblico. Una storia che s'intreccia con quella della capitale morale. Sposato con la scrittrice Beatrice Speraz (in arte Bruno Sperani), Vespasiano Bignami muore a Milano nel 1929.
Il Fondo Bignami è stato donato al Comune di Milano da Carlo Bozzi, critico d'arte del quotidiano "Il Secolo" e amico personale del Bignami, ed è entrato a far parte della Biblioteca d'Arte agli inizi degli anni '60. La raccolta comprende materiale documentario eterogeneo: appunti del Bignami, impressioni, aforismi, testi di conferenze, articoli, bozzetti, giudizi critici, curiosità varie. L'intero materiale, databile tra il 1853 e il 1928, è riunito in 29 volumi ordinati per materia.
(fonte: Anna Mangiarotti, Il Giorno, 2003)


E. De Amicis,
La vita militare
,
Treves, 1908
ill. int. di Vespasiano Bignami

Cap. P.H. Escuriasl,
Il corsaro verde
,
Cappelli, 1929
cover di Vespasiano Bignami


Sin: Vespasiano Bignami in una celebre fotografia di Emilio Sommariva (1883-1956 )
courtesy Biblioteca Nazionale Braidense, Milano
Ds:
Vespasiano Bignami in un ritratto in età giovanile


T. Murri,
Anna Korrova, Cappelli, 1921
cover di Vespasiano Bignami




BISI, CARLO (1890 - 1982)

Nasce Brescello (RE) il 18 dicembre 1890. Studia all'Accademia di Belle Arti di Parma, conseguendo il diploma di abilitazione all'insegnamento del disegno. Nel 1914 si trasferisce a Milano ed inizia l'attività di giornalista; collabora a diversi periodici: Guerin Meschino (1925-1940), Il Corriere dei Piccoli (dal 1916), La Domenica del Corriere e Il Giornale del Soldato (dal 1917 al 1919), La Domenica dei Fanciulli, Il cartoccino dei piccoli di Monza. Illustratore di originale impostazione futurista (non a caso collabora con Umberto Notari), realizza numerosi personaggi di successo per Il Corriere dei Piccoli, come il dottor Piramidone (1927), il Sor Pampurio (1928) e la Famiglia Doggidì (1953). Copertinista per Il romanzo mensile e Il romanzo per tutti, illustra per l'editoria infantile e vince vari concorsi per manifesti murali (tra i quali quello della Biennale di Venezia nel 1934). E' pittore, acquafortista, e incisore a puntasecca. Espone nelle maggiori mostre italiane ed estere, sindacali e no. Tra le tante: la Permanente di Milano (1929), la Quadriennale di Roma, la Biennale di Venezia (1934-1938), la Mostra Universale di Parigi (1937), ed inoltre a Budapest, Varsavia, Praga, e negli Stati Uniti. Vince nel 1934 il Premio Ricci per il paesaggio. Le sue opere sono conservate nelle gallerie d'arte moderna di Milano e Firenze. Muore nel 1984 a Reggio Emilia.

Per la collana Scala d'Oro (U.T.E.T.) illustra la trilogia di Tompusse (Tom Pouce): Serie I n° 4 e 5, Serie II n° 6.



Sin.: Tacchinardi-Cairati,
Ascolta
, Il Vaglio, 1946
cover di Carlo Bisi
Sopra: ill. int.
courtesy Tesori di carta, Bologna


Luciano, L'asino di Tessaglia, I libri divertenti, I.E.I.
ill. di Carlo Bisi



Corriere dei Piccoli, Anno XI, 6 agosto 1933, cover di Carlo Bisi



Carlo Bisi

BONGINI, ADOLFO (1868 - n.d.)

Adolfo Giuseppe Affortunato nasce a Firenze il 5 aprile 1868 da Carlo di Luigi e Cesira Morandini. Il fratello Amerigo Alfredo Giuseppe Pasquale nasce il 12 settembre 1872. I genitori sono povera gente, entrambi sui trent'anni: il padre è scalpellino, la madre casalinga, e l'abitazione è una casa alta e stretta in via del Campuccio al n°27 (già via S. Benedetto), un lungo budello oltrarno che da via Romana porta a piazza Torquato Tasso. Non avendo un foglio di famiglia intestato, presumiamo che non si sia sposato o che abbia finito col trasferirsi fuori Firenze; una citazione nell'Almanacco Bemporad del 1905 lo pone in via Leone X, una zona assai centrale e distinta, tuttavia non possiamo formulare ipotesi di alcun genere.
E' noto per essere uno dei maggiori i
ncisori fiorentini e lavora sia per Salani sia per Bemporad, i due editori più importanti a cavallo del secolo, ma è anche illustratore. Dichiaratamente sue sono infatti le illustrazioni per il Barone di Munchhausen, eseguite per Salani nel 1895 (e ristampate più volte).

Carolina Invernizio, La lotta per l'amore, Salani, 1894
L'illustrazione in antiporta è firmata da Bongini ma potrebbe essere solo l'incisore


La nuova edizione di Pinocchio
esce nel 1901 con illustrazioni di
Chiostri e incisioni di A. Bongini
Ill. interna di A. Bongini
per Trottolino di E. Cappelli,
Salani, 1909

La testata del Giornale dei Bambini (Cappelli editore,) qui in un numero del 1897.
La firma di Adolfo Bongini è a sinistra, sotto la riga


Via del Campuccio a Firenze oggi. Non doveva tuttavia
esser molto diversa nell'Ottocento.


Raspe, Il Barone di Munchhausen, Salani, rist. 1909
Il frontespizio recita "con 20 illustrazioni dell'artista Adolfo Bongini"


Illustrazioni interne di Adolfo Bongini per Il Barone di Munchhausen,
Salani, rist. 1930

Illustrazioni interne di Adolfo Bongini per Il Barone di Munchhausen,
Salani, rist. 1930



La sigla AB che a volte compare nelle illustrazioni di
Il Barone di Munchhausen



BRUNELLESCHI, UMBERTO (1879 - 1949)

Nasce a Montemurlo (Pistoia) il 21 giugno 1879 da Pietro e Benedetta Cappelli. Studia pittura e scultura all'Accademia di Belle Arti di Firenze, allievo del Ciaranfi e del Sorbi;ai primi del Novecento è a Parigi, insieme con Ardengo Soffici, dove studia con il Gerome; già nel 1902 espone un Autoritratto al 'Salon des Indépendants'. Lavora firmandosi con lo pseudonimo Aroum-al Rascid per le riviste L'Assiette au Beurre, Le Rire, Frou-Frou e varie altre. Sperimenta la pittura, dove eccelle nella ritrattistica, ma anche nella scultura, realizzando una serie di maschere che esporrà al 'Salon de la Nationale' nel 1910. E' anche scenografo e costumista, nel 1912 realizza le scenografie per il balletto "Légende du clair de lune" di Rasini al teatro Les bouffes Parisiens dove allestisce nel 1914 l'operetta "La femme en rose". Frequenta Modigliani, Soutine, Picasso, Boldini e altri noti artisti e intellettuali, tra cui Ida Rubinstein; il suo studio in rue Boissonade è frequentatissimo, quando D'Annunzio passa da Parigi vi si reca sempre. Allo scoppio della Grande Guerra parte per il fronte e alla fine del conflitto ritorna a Parigi, dove si occupa prevalentemente di scenografie e lavora con le riviste e i music-hall, e le Folies Bergères, ma non trascura il teatro classico: suoi sono i costumi per una "Turandot", su scenografie di Galileo Chini, e per la Scala di Milano esegue i fondali per "I pescatori di perle" di Bizet. Nel 1925 partecipa alla 'Exposition Internationale des arts décoratifs et industriels', sempre a Parigi. Alla Biennale veneziana espone ininterrottamente dal 1914 al 1938, oltre a varie personali parigine. Esegue anche ritratti di personaggi del tempo. Nel 1929 riceve a Parigi la Legion d'Onore per meriti artistici. Nel 1937 vince la medaglia d'oro all'Esposizione Universale di Parigi. Negli anni 1925 e 1937 è anche membro della giuria della stessa Esposizione. Viene nominato Commendatore della Corona d'Italia. Fra i molti ritratti eseguiti, quello di Emanuele Filiberto di Savoia Duca d'Aosta, del Principe Paolo di Serbia, della contessa Arrivabene Gonzaga, della marchesa Casati e della marchesa Niccolini. Muore il 16 febbraio 1949 a Parigi, nella sua abitazione di Boulevard Raspail. Fonti private raccontano che fumava, beveva, e mangiava smodatamente.
Come illustratore lavora per L'illustrazione italiana, La Lettura, e per l'editoria di cui si ricordano in particolare Il Decamerone e I Fioretti di San Francesco. Per l'editoria francese si ricordano un'edizione dei Contes di Perrrault e di La Fontaine, Graziella di Lamartine, Paul et Virginie di Bernardin de Saint Pierre. Insieme con
Ezio Anichini, Filiberto Scarpelli, Riccardo Magni firma gran parte delle copertine del Giornalino della Domenica di Vamba. Nel 1910 crea per il Corriere dei Piccoli due personaggi di bambine, Coccoletta e Fifina. Collabora con La Tradotta, giornale della Terza Armata, Fantasio, e altre riviste.


L' "Autoritratto"
più famoso di Umberto Brunelleschi

L' "Autoritratto"
conservato alla Galleria degli Uffizi


Umberto Brunelleschi
in una rara fotografia (1907)


Pubblicità a tutta pagina per
L'albero delle fiabe di
Antonio Beltramelli,
Il Giornalino della Domenica,
Anno IV n° 51
firmata U.B. (Umberto Brunelleschi)

Sin: Il Giornalino della Domenica, Anno II, N°3, 20 gennaio 1907
Ds: Un
a pubblicità per Il Giornalino della Domenica nell'Almanacco Bemporad 1908


Diego Angeli,
Stretta la foglia
, Bemporad, 1911,
ill. di U. Brunelleschi
U. Brunelleschi
cartolina "la tramviera", 1918: fa parte della serie "le coraggiose", ragazze che sostituirono gli uomini al lavoro, realizzata per La Tradotta


Umberto Brunelleschi
ill. per il Carnevale a tutta pagina per l'Illustrazione Italiana, 1919



l'intensa espressione di Graziella secondo U. Brunelleschi




UN TOSCANO A PARIGI
un articolo di Marina Pescatori

La Gazzetta dell'Antiquariato,
Anno XVIII, n° 194, marzo 2012


BUFFOLENTE, LINA (1924 - 2007)

Nasce il 24 ottobre 1924 a Vicenza, in seguito si trasferisce a Milano con la famiglia, dove si diploma all'Accademia di Brera. Inizia a lavorare nel 1941, e le sue collaborazioni sono numerosissime: qui citiamo solo gli album di fumetti più noti: Albi Mundus, Gli Albi dell'Ardimento (Calamity Jane e Colorado Kid i suoi personaggi più famosi), Intrepido e Monello per la Editrice Universo, Tom Mix e Tom Bill per la Editrice Arc, il Vittorioso. Disegna anche per il mercato francese e tedesco. Per un elenco dettagliato rimandiamo al sito della Treccani.
Illustra per la Casa Editrice Carroccio i librini della collana "Minuscola" e della collana "Gnomi e Fate", e una ventina di classici della letteratura per ragazzi; per la Casa Editrice Bietti un pregevolissimo Barone di Munchhausen, mentre per la Carroccio/Boschi spazia dai romanzi di Emilio Salgari ad altri testi sempreverdi come Piccole donne, Orgoglio e pregiudizio, Zanna Bianca. E' stata la prima donna a cimentarsi nel fumetto, feudo maschile. Il Comune di Milano le riconosce l'onorificenza "Ambrogino d'oro" nel 1984, e nel 2017 ha iscritto il suo nome nel Pantheon all'interno del Cimitero Monumentale.
Lina Buffolente muore a Milano il 6 marzo 2007, ma viene tumulata per suo desiderio a Campagnola (Reggio Emilia) nella tomba di famiglia accanto al marito Fausto Fava.





Lina Buffolente




Louisa Alcott,
I figli di Jo,
Carroccio, 1950
ill. int. di Lina Buffolente
Jane Austen,
Orgoglio e pregiudizio,
Carroccio, 1951
ill. int. di Lina Buffolente
(courtesy Donatella Legnani)

Emilio Salgari,
La crociera della Tuonante,
Carroccio, 1947
ill. int. di Lina Buffolente
Louisa Alcott,
Piccoli Uomini,
Carroccio, n,d,
ill. int. di Lina Buffolente
(courtesy Donatella Legnani)

n,A.
Aladino
per la collana Gnomi e Fate,
Carroccio, n.d.
ill. int. di Lina Buffolente
G.A. Burger,
Le meravigliose avventure del
Barone di Munchhausen
,
Bietti, 1953,

ill. int. di Lina Buffolente
(courtesy Donatella Legnani)


BURZI, SERGIO (1901 - 1954)

Detto Gian Sergiazzo. Nasce nell'ottobre 1901 a Bologna, dove rimane per tutta la pur breve vita. Autodidatta, si fa conoscere partecipando alle "Mostre del bianco e nero" che si svolgono negli anni Venti e Trenta; è pittore e illustratore, occasionalmente produce anche acquerelli o tempere a tema paesaggistico/marino. Non sembra aver trattato la pittura ad olio, privilegiando il disegno. Illustra una sessantina di ex-libris. Nel 1928 a seguito di problematiche familiari che devono averlo scosso, viene ricoverato all'ospedale psichiatrico Francesco Roncati in via S. Isaia, dove rimane sei anni. Per fortuna il direttore Giulio Cesare Ferrari è un progressista e fa lavorare i pazienti in attività, tanto che apre una scuola d'arte (pittura e disegno ma anche scene teatrali, e manufatti di varia natura) sotto la guida proprio di Burzi. Il pubblico viene ammesso in manicomio (mai successo prima) per la prima mostra organizzata il 6 gennaio 1929: il giorno seguente un articolo apparso su Il Resto del Carlino descrive molto bene i manufatti e i disegni, ma si parla anche di come il lavoro manuale sia la chiave del riordinamento mentale degli alienati, che per la maggior parte potrebbero essere dimessi, come afferma il direttore. Dimesso nel 1934, Burzi riprende l'attività; il suo studio di Bologna è sito in via Irnerio, vicino alla Piazzola del mercatino settimanale, ed egli ne coglie il movimento, i volti. Lavora prevalentemente nel settore dei giornalini e libri per ragazzi come "Il Corriere dei Piccoli", "Il Corrierino" e "Ragazzi d'Italia", edito a Bologna; occasionalmente illustra anche per l'editoria ma la produzione comunque è molto scarsa. Muore poco più che cinquantenne nel 1954.

Oltre ai volumi qui presentati, sono illustrati da Sergio Burzi:

Varaldo Alessandro, Caolino ovver Tre mesi errabondi sul mare (Sonzogno, 1923)
Guglielminetti Amalia, La carriera dei pupazzi (Sonzogno, 1923, con quattro tavole)
Pensuti Mario, Scampanellina (Mondadori, 1923) nella Bibliotechina de "La Lampada"
Voltaire, Zadig (Sonzogno, 1928, con 62 illustrazioni e 2 tavole a colori fuori testo)
Lobetti Bodoni Grazia, Vittoriosa o vinta? (Salani, 1928) nella Biblioteca delle Signorine





Rosa Errera, Piccoletta,
Bemporad, 1928
ill. di Sergio Burzi

Etre Maria Valori,
S'alza il sipario,
S.E.I., 1930
ill. Sergio Burzi
(courtesy Lia Madorsky)



Due copertine di "Ragazzi d'Italia" firmate da Sergio Burzi



Dumas Alexandre, Le meravigliose avventure di Lyderic,
Sonzogno, 1923, con 12 tavole di Sergio Burzi


CAMBELLOTTI, DUILIO (1876 - 1960)

Nasce a Roma il 10 maggio 1876, il padre è intagliatore e decoratore, e il figlio si esprime come pittore, scultore, architetto, scenografo, arredatore, illustratore, incisore, decoratore, ceramista, a seconda dell'ispirazione del momento. E' sicuramente una delle figure artistiche più eclettiche del periodo. Frequenta il Museo Artistico Industriale con Raffaello Ojetti, poi studia all'Accademia di Belle Arti di Roma (di cui sarà docente di ornato modellato) e inizia come interprete dell'Art Nouveau, designer di oggetti di arredamento che diverranno famosi. Nel 1898 partecipa all'Esposizione di Torino e nel 1899 a quella di Firenze. E' scenografo e costumista per il Teatro Stabile di Roma dal 1905 alla fine degli anni Quaranta, e inizia nel 1914 la sua collaborazione con il teatro greco di Siracusa realizzando i bozzetti di scena per Agamennone di Eschilo, fino al 1948. Sviluppa l'interesse per gli arredi, collaborando al settimanale La Casa tra il 1908 e il 1910. Si dedica a progetti architettonici, innovando l'applicazione della ceramica e delle vetrate (collabora anche all'organizzazione della prima mostra delle vetrate artistiche italiane nel 1912). Per il principe Torlonia realizza la Casina delle Civette (1914-15). Nel 1914 ottiene inoltre la cattedra all'Istituto di belle Arti di Roma. Nel 1919 presenta all'Esposizione di Torino alcune delle sue più importanti sculture ('Il vannino', 'Il toro', 'Il buttero', 'La Pace'). Nel periodo 1923-1927 partecipa a tre edizioni della Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza. Nel 1926 si presenta con il gruppo dei XXV della Campagna Romana ed espone "Bufali", bronzo acquistato dal Comune di Roma. E' in stretto contatto con Giacomo Balla e Umberto Boccioni. Nel 1931 lavora alla decorazione del Palazzo dell'Acquedotto Pugliese a Bari. Nel 1934 esegue gli affreschi nella sala della Prefettura di Latina. A Latina viene i
naugurato nel 2005 il Museo Cambellotti nell'ex Opera Nazionale Balilla di Piazza San Marco. Grazie alle donazioni dei figli la collezione di Latina è diventata la più importante documentazione sull'artista. Il museo espone cartoni originali, disegni, bozzetti, scenografie teatrali e cinematografiche, opere grafiche, medaglie, ceramiche, gessi, tempere, fotografie, che documentano l'intensa attività di Cambellotti e il suo legame con il territorio pontino. Nel 1940 progetta le vetrate per la Cappella di Santa Barbara nel Museo del Genio a Roma. Duilio Cambellotti muore a Roma 31 gennaio 1960.

ILLUSTRAZIONI

Nel 1901 vince il "Concorso Alinari" per l'illustrazione della Divina Commedia e inizia illustrare testi letterari, tra i quali i più famosi sono: le poesie di Filippo Amantea Come le nuvole (1905),
Le mille e una notte
(1912),
I Fioretti di San Francesco (1926), Il Palio di Siena (1930). Collabora con diverse riviste come La Lettura (rivista mensile del Corriere della Sera), Rapiditas (legata al mondo delle corse automobilistiche), La Casa (dedicata all'estetica, al decoro e al governo dell'abitazione), Fantasio, Italia ride, L'Avanti della Domenica. Nel 1916 fonda il giornalino Il piccolissimo. Lavora come illustratore per i più grandi editori come Bemporad, Alinari, Mondadori, De Fonseca, Notari, per il quale disegna le guardie e i fregi delle collane Biblioteca dei Ragazzi, I Classici Italiani, Gli Immortali.
Si firma in genere con la sola sigla e/o una spiga.


Villa Torlonia, Casina delle Civette, Roma


Dopo lunghi restauri, Villa Torlonia è diventata un parco-museo aperto al pubblico.
La Casina delle Civette (a ds.: particolare della Sala VI) è il frutto della totale rivisitazione di un fabbricato originalmente detto Capanna Svizzera che il principe Torlonia volle far eseguire tra il 1917 e il 1920 per adibirlo a sua dimora. L'edificio presenta una profusione di elementi architettonici che gli conferiscono un aspetto eclettico, pur collocandosi nello stile Liberty dell'epoca, soprattutto nelle decorazioni interne comprendenti maioliche, vetrate ed altri oggetti di arredo che portano la firma di Duilio Cambellotti, Umberto Bottazzi, Vittorio Grassi ed altri. Nel restauro sono state recuperate le vetrate originali e sostituite quelle perdute ricostruendole sulla base dei disegni e cartoni degli autori. In mostra vi sono diversi disegni di Cambellotti, provenienti da collezioni varie, ed anche la famosa vetrata "La Fata", concepita nel 1917 ed esposta alla Prima Biennale di Monza nel 1923.



Duilio Cambellotti
in una foto del 1940



Vetrata "La Fata"

 

E' di Duilio Cambellotti il design delle collane di Umberto Notari (Istituto Editoriale Italiano)
sia per la Biblioteca dei Ragazzi
(guardie, fregi, frontespizio e antiporta)

sia per le collane dei classici.
Da Porto,
Giulietta e Romeo,
collana I Classici Italiani,
Milano, n.d., sovracoperta


Cordelia,
L'ultima fata
,
Bemporad, 1909
Sin: cover, ds: ill. int.
di Duilio Cambellotti





Una cartolina di Duilio Cambellotti per le celebrazioni dell'anno 1911,
che segna il cinquantenario dell'Unità del Regno d'Italia

CAVALIERI, MARIA AUGUSTA (1900 - 1982)

Figlia di Luigi Cavalieri (ved. ILLUSTRATORI della BIBILIOTECA DELLE SIGNORINE SALANI), illustra diverse copertine della Biblioteca dei Miei Ragazzi ed altri testi per la casa Editrice Salani. Insieme con il padre firma uno splendido Pinocchio, edito da Salani nel 1924.
A lungo sconosciuta ai critici dell'illustrazione italiana, la biografia di Maria Augusta Cavalieri si deve alle ricerche di Silvia Serreli e Lia Madorsky, che ne hanno rintracciato il percorso da una residenza all'altra nella fase finale della vita. I dettagli della biografia di questa straordinaria persona sono reperibili nel volume STORIA DELLA BIBLIOTECA DEI MIEI RAGAZZI di Anna Levi.


L'EREDE DEL PENNELLO
articolo di Silvia Serreli (CHARTA)

Un'illustratrice da riscoprire
articolo di Silvia Serreli (LG Argomenti)



Il dolcissimo viso di Pinocchio così come appare nel frontespizio dell'edizione
Salani 1924, illustrata da Luigi e Maria Augusta Cavalieri.
E' l'unica illustrazione specificatamente firmata da Maria Augusta,
le altre illustrazioni in b/n non sono firmate,
mente il padre Luigi firma tutte le tavole a colori.


Anna Franchi,
Nei giardini delle Fate
,
Salani, 1938
ill. di Maria Augusta Cavalieri
(courtesy
Tesori di Carta, Bologna)
G. Verdat,
Il braccialetto indiano,
Biblioteca dei Miei Ragazzi
Salani, 1946
ill. di Maria Augusta Cavalieri


Raccontami una novella, nella serie Piccoli Grandi Libri Salani
ill. di Maria Augusta Cavalieri

CECCONI, EUGENIO (1842 - 1903)

Pittore, illustratore, incisore, scrittore e critico d'arte. Nasce a Livorno l'8 settembre 1842 da Carlo e Amalia Chiellini, primo di quattro fratelli. La famiglia è benestante e possiede case e terreni, ma Carlo è un idealista risorgimentale e dopo aver partecipato ai moti del '48 e alla campagna del '59, pian piano perderà molte delle sue sostanze per finanziare le varie insurrezioni. Eugenio viene mandato a studiare al Collegio Nazionale di Torino e in seguito a Pisa dove si laurea in giurisprudenza. Passato a Firenze per far pratica, studia al contempo pittura e disegno, che gli interessano molto di più; morto il padre nel 1865 (ch'era Gonfaloniere della Livorno liberata) ritorna a Livorno per prendere in mano gli affari di famiglia e abbandona per sempre l'avvocatura. Nel 1866 si arruola volontario nei bersaglieri del Generale Cialdini (in Veneto), dove conosce Diego Martelli, suo commilitone, che in seguito lo invita a Castiglioncello, dove Cecconi prende a frequentare il gruppo che lì si ritrova. Come stile pittorico si lega ai macchiaioli con i quali condivide il gusto per il paesaggio e per la campagna, ma non solo (grande amico suo è Giovanni Boldini). Nel 1875 compie un breve viaggio in Tunisia, sulla scia della moda orientalista, che lo entusiasma - "L'Oriente non si può rifare, si può vedere e basta" scrive all'amico Franceso Gioli - ma poi ritorna alla sua Toscana, dove c'è meno luce ma tanta natura. Non se ne discosta mai, amando in particolare la Maremma, all'epoca ancora selvaggia, e i suoi personaggi, le greggi, le mandrie, i butteri, i briganti. E' spesso ospite del principe Corsini, che in Maremma possiede una vasta tenuta e un castello, per le battute di caccia - l'altra sua grande passione - che gli ispirano i quadri più famosi, soprattutto le scene con cani di cui riprende le varie pose con estrema maestria. Anche col marchese Eugenio Niccolini stringe una sincera amicizia, e trascorre gran tempo nella sua tenuta di Camugliano per la caccia. Nel 1881 si trasferisce a Firenze dove apre uno studio; in seguito, su suggerimento dell'amico Vittorio Corcos e insieme con l'amico Francesco Gioli, apre un corso di pittura per le signorine del bel mondo fiorentino. Personaggio di vasta cultura, scrive anche racconti e articoli di critica d'arte, e si cimenta nelle traduzioni dal francese (Rostand) e dall'inglese (Kipling). Muore a Firenze il il 19 dicembre 1903.

A differenza di molti pittori che illustravano per l'editoria per sbarcare il lunario, Cecconi è benestante e non ne ha bisogno, se illustra qualche libro è per divertimento - come per le caricature - o per contentare gli amici. Infatti prende parte alla grafica del volume Il Raccontafiabe solo perchè la copertina la realizza Vittorio Corcos, e illustra "Il matto delle giuncaie", uno dei racconti di Le veglie di Neri (1890), per Renato Fucini (di cui realizza anche un ritratto a matita): entrambi sono cari amici e fanno parte del gruppo di Castiglioncello capitanato da Diego Martelli. A parte Il libro delle fate di C. Perrault, sempre per Bemporad, Eugenio Cecconi non illustra altro. Il volume Fra le carte di Eugenio Cecconi, con illustrazioni del medesimo (Firenze, Tip. Salvatore Landi, 1906) è un omaggio delle sue ex allieve che ne utilizzano a corredo i disegni dello studio; e i dipintii a corredo del volume di Eugenio Niccolini, Giornate di caccia, sono di proprietà dell'Autore, che pubblica il volume solo nel 1915. Un'altra illustrazione di Cecconi appare nel volume di Matilde Bartolommei Gioli, In Toscana: Studi dal vero, ma la Gioli evidentemente ottiene senza fatica il permesso di utilizzare disegni preesistenti degli amici del marito, e infatti a corredo dei suoi raccontini inserisce piccole illustrazioni di un gruppo di artisti di tutto rispetto (una per ciascuno): Eugenio Cecconi, Niccolò Cannicci, Francesco Gioli, Luigi Gioli, Egisto Ferroni, Giovanni Fattori, Giorgio Kienerk, Angiolo Tommasi, Vittorio Corcos, e infine una della stessa M. Gioli.

Matilde Bartolommei Gioli, In Toscana: Studi dal vero (Bemporad, 1898)
ill. interna di Eugenio Cecconi



Con la recente "riscoperta" della pittura ottocentesca, Cecconi al momento gode di una certa notorietà e di una
buona quotazione, per quanto la critica l'abbia da sempre apprezzato: nel 1905 il critico Guido Biagi ne scrive una commemorazione/recensione sulla Nuova Antologia. In tempi più recenti segnaliamole monografie: Luigi Servolini, Pittori dell'Ottocento: Eugenio Cecconi (1952); Giampaolo Daddi, Eugenio Cecconi (1973); Mostra retrospettiva di Eugenio Cecconi (catalogo a cura di G. Daddi, 1974); G. Daddi, Omaggio a Eugenio Cecconi nel centenario della morte 1903-2003 (2003); Ferdinando Donzelli, Fra i disegni di Eugenio Cecconi (2012). Diverse le mostre e retrospettive a lui dedicate, ed è presente nelle mostre collettive dedicate ai Macchiaioli.


"Eugenio Cecconi era pittore, era letterato e poeta, e soprattutto cacciatore [...] coteste sono tre unità ed egli era invero più assai: un pittore, un cacciatore e un poeta non bastano a darci intera la figura morale di Eugenio Cecconi. [...]
In Eugenio Cecconi il cacciatore, il pittore e il poeta formavano una sola persona, l'artista: artista in prosa od in rima, con la penna o con la matita, con il bulino o con il pennello."


Guido Biagi, Nuova Antologia di Lettere, Scienze ed Arti,
Quarta Serie, Vol. 115, gennaio/febbraio 1905


Eugenio Cecconi

Giovanni Fattori,"Eugenio Cecconi che dipinge"
olio su tela, 18,5x32,5 (1875 ca.)
collezione privata






Ill. interna di Eugenio Cecconi per
Il Raccontafiabe di L. Capuana



La splendida cover di questo libro
è visibile alla scheda sottostante dedicata a
Vittorio Corcos
L. Capuana,
Il Raccontafiabe,
Bemporad, 1894,
frontespizio.
La figurina a cavallo è firmata
da E. Cecconi





C. Perrault,
Il libro delle fate
,
ill. interna di E. Cecconi
C. Perrault,
Il libro delle fate
,
nuova traduzione di Yorick,
illustrato dal pittore Eugenio Cecconi
(Bemporad, 1901)
cover


C. Perrault, Il libro delle fate, ill. interna di E. Cecconi

Eugenio Cecconi anche fra i letterati ha dei buoni amici, come Ferdinendo Martini
a cui manda in dono il "Ritratto dello zio Pacone" accompagnandolo da un sonetto,
al quale Martini risponde con un poema, Il Cavalier Piccante.
Lo 'zio Pacone' è uno dei personaggi maremmani incontrato dagli amici cacciatori (che lungo tempo trascorrevano in Maremma) e che viene citato anche nel libro
del marchese Eugenio Niccolini Giornate di caccia.


CHIESA, PIETRO (1876 - 1959)

Nasce a Sagno (Canton Ticino) il 29 luglio 1876 da Innocente, pittore decoratore, e Maddalena Bagutti di Rovio. Famiglia di artisti: il fratello Francesco (1871-1973) è poeta.
Nel 1891 è il padre stesso che lo accompagna all'Accademia di Brera dove si forma, molto attento alla lezione dei contemporanei, in particolare di Segantini, di Previati, di Mosè Bianchi e di Cesare Tallone. Nel 1894 espone per la prima volta alla Permanente di Milano un ritratto del pittore G. Buffa che gli vale i primi riconoscimenti; ma l'anno dopo abbandona gli studi a causa del "troppo metodico e compassato insegnamento ufficiale". Fino al primo decennio del 1900 ha una intensa attività, espone alla Permanente di Milano, all'Esposizione nazionale di Torino, alla Exposition des Arts Décoratifs a Parigi, a mostre a Cologne e Barcellona; nel 1900 all'Esposizione universale di Parigi espone il dipinto "Quiete" (ora al Musée d'Art et d'Histoire di Ginevra) che gli vale la medaglia di bronzo. Il soggiorno parigino lo avvicina al movimento impressionista, anche se la sua cifra è più vicina al naturalismo di Millet. Sempre nel 1900, a soli ventiquattro anni, viene eletto socio onorario dell'Accademia di Brera su proposta di Camillo Boito. Nel 1901 espone alla IV Biennale di Venezia il trittico "Primavera", il primo di una serie di trittici. A Venezia partecipa sempre fino al 1930. Nel 1909 partecipa all'Esposizione internazionale di Monaco con il trittico "Thaïs", dove si evidenzia un raffinamento della sensitività dell'artista ed un legame con il simbolismo francese. Nel 1910 espone a Milano una personale dove riporta un grande successo di critica. Nel 1912 all'Expo di San Francisco vince una medaglia d'argento. Sue opere di questo periodo sono conservate alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, ai Musei Capitolini. Espone fino a tarda età, l'ultima personale ha luogo per i suoi ottant'anni a Lugano.
Nel 1911 sposa Germaine Petitpierre, da cui ha due figlie, Maddalena e Simonetta. Nel 1917 la famiglia si trasferisce a Sagno, poi a Lugano ed infine a Sorengo dove si stabilisce definifivamente. Pietro Chiesa muore a Sorengo il 17 marzo 1959.
Oltre all'attività principale di pittore, sperimenta anche altro: vetro (finestre, lampade), scultura (documentata a Sagno, nella casa natale dei Chiesa, da un inedito ritratto della madre, eseguito intorno al 1908, e da alcuni gessi preparatori per ritratti di familiari, tra cui quello della figlia Maddalena), affresco (decorazioni in varie chiese ed edifici pubblici, e in case private), e infine l'illustrazione. Come illustratore non ha prodotto molto, ma questo aspetto della sua arte lo intriga; inizia con illustrare i libri del fratello Francesco, che espone nel 1903 alla V Biennale veneziana (tre illustrazioni); partecipa anche al concorso Alinari nel 1900-1902 per le illustrazioni dantesche. Rimangono un capolavoro di espressività le illustrazioni di Piccolo mondo antico (Mondadori, 1934), presentate alla galleria Pesaro.

ILLUSTRATI DA PIETRO CHIESA:

Francesco Chiesa, Preludio: versi (Milano, Fontana e Mondaini, 1897, con illustrazioni dei pittori P. Chiesa e G. Buffa)
Francesco Chiesa, La cattedrale: versi (Milano, Baldini Castoldi, n.d., con illustrazioni dei pittori G. Mentessi, P. Chiesa e G. Buffa)
Francesco Chiesa,
Calliope, La cattedrale, La reggia, La città (Lugano, E. Cagnoni & C., Avanguardia, pref. 1907, con tre disegni del pittore Pietro Chiesa)
Sofia Bisi Albini, Il figlio di Grazia (Vallardi, 1924, con 20 composizioni di Pietro Chiesa)
Antonio Fogazzaro, Piccolo mondo antico (Mondadori, 1934, con 8 disegni di Pietro Chiesa); ed. 1959 con 16 illustrazioni di Pietro Chiesa




Pietro Chiesa
Un dipinto di Pietro Chiesa nel quale ravvisiamo l'autore,
forse con la figlia

Pietro Chiesa: ritratto di mia moglie
Pietro Chiesa: ritratto
della mia bambina
Entrambe le opere sono state esposte al Salone di Ginevra nel 1921



Sofia Bisi Albini, Il figlio di Grazia, Vallardi, rist. 1931,
cover

Sofia Bisi Albini, Il figlio di Grazia, Vallardi, 1931,
ill. int. di Pietro Chiesa




Antonio Fogazzaro, Piccolo Mondo Antico, Mondadori, 1934
cover e ill. int. di Pietro Chiesa
(courtesy Donatella Legnani)


CHINI, GALILEO ANDREA MARIA (1873 - 1956)

Nasce a Firenze il 2 dicembre 1873 da Elio e da Aristea Bastiani. Dopo la morte del padre, si iscrive alla Scuola d'Arte di Santa Croce, dove frequenta i corsi di decorazione; successivamente è apprendista decoratore nell'impresa di restauri dello zio paterno Dario. Dal 1895 al 1897 frequenta la Scuola Libera di Nudo all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove conosce Telemaco Signorini. Alla morte dello zio assume la direzione dell'impresa familiare, riuscendo ad ottenere diversi incarichi dalla Sovrintendenza. In questo stesso periodo conosce la giovane Elvira Pescetti che diventerà sua moglie nel 1899 e che gli darà due figli, Isotta nel 1900 ed Eros nel 1901. Nel 1896, insieme ad altri quattro amici, impianta una piccola fabbrica di manufatti in ceramica, denominata "Arte della Ceramica". Partecipa anche alle Esposizioni Universali di Londra, di Torino e alla IV Biennale di Venezia; inizia a decorare edifici, tra i quali ricordiamo i palazzi della Cassa di Risparmio di Pistoia, di Arezzo e di Firenze; alcuni edifici delle Terme di Montecatini (Lo stabilimento Tamerici venne costruito nel 1910 e decorato da Galileo Ghini con maioliche e vetrate).
A S. Miniato affresca una sala del palazzo comunale e la chiesa di S. Domenico. Con i lavori in ceramica viene premiato alle esposizioni internazionali di Bruxelles, San Pietroburgo e Saint Louis ma nel 1904 abbandona la vecchia manifattura "Arte della ceramica" e due anni dopo, insieme al cugino Chino, fonda la "Fornaci di San Lorenzo" che realizza ceramiche e vetrate, ma anche arredamenti d'interni e progettazione di mobili in legno decorati da piastrelle, ceramiche e vetri. Dal 1908 al 1911 insegna al Corso di Decorazione alla Regia Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 1910 il Re del Siam lo invita a lavorare a corte. Dal 1911 al 1913 Galileo Chini è a Bangkok, alla corte di Rama VI di cui affresca la sala del trono e realizza una serie di ritratti ufficiali. Rientra dalla Thailandia nel 1913 riportando in Italia una serie di opere paesaggistiche che espone nel 1914 alla Mostra della Secessione Romana. Riporta anche una collezione di cimeli orientali che in seguito verranno donate al Museo etnografico dell'Università di Firenze. Nel 1915 insegna al Corso di Ornato della Regia Accademia di Belle Arti di Firenze. Viene chiamato a decorare i pannelli della Sala Centrale alla XI Biennale di Venezia e nello stesso periodo inizia le prime collaborazioni come scenografo teatrale, con Giacomo Puccini per Gianni Schicchi e La Turandot. Nel 1921 espone alla Prima Biennale Romana. Nel 1927 ottiene la cattedra di Decorazione pittorica alla Reale scuola di Architettura a Firenze. Nel 1930 torna alla Biennale di Venezia e per tutto il decennio espone le sue opere in mostre personali, in Italia e all'estero.
Nel 1946 muore la figlia Isotta e, negli anni successivi, riduce l'attività a causa della progressiva cecità. Nel 1951 partecipa all'Esposizione Internazionale d'Arte Sacra a Roma, e alla Mostra d'Arte contemporanea; nel 1954 espone a Bogotà, in Colombia. Muore il 23 agosto 1956 nella sua casa di Firenze.
Galileo Chini è uno dei maggiori artisti del Novecento, decoratore visionario, secessionista in pittura, allestitore di splendide quinte teatrali, ceramista, grafico, disegnatore, cartellonista (suo è il manifesto per La cena delle beffe). Quattro opere liberty di Ghini furono acquistate da Luchino Visconti. A rigor di logica non è un illustratore se non casualmente, ma dal 1906 collabora con vignette al
Giornalino della Domenica, ed anche con una copertina, pertanto a buon diritto lo inseriamo nel nostro sito.

Galileo Chini



Bozzetto di Galileo Chini per Gianni Schicchi di Giacomo Puccini




Sem Benelli, La cene delle beffe, Treves, 1909
cover di Galileo Chini



Galileo Chini, disegno ripreso dal ritratto di Garibaldi,
Il Giornalino della Domenica, anno II n°27, 7 luglio 1907


CHIOSTRI, CARLO (1863 - 1939)

Nasce a Firenze da Giovanni e Teresa Scotti, ultimo di quattro figli; la famiglia appartiene al ceto popolare, ma viene egualmente mandato a scuola e successivamente all'Accademia di Belle Arti. Nel 1891 sposa Enrichetta Chiari che gli darà due figlie, Evelina e Sofia, rimaste entrambe nubili e di professione pittrici e illustratrici come il padre dal quale apprendono l'arte, e che moriranno entrambe durante la guerra. E' a dire il vero una famiglia di artisti: una sorella, Enrichetta, omonima della moglie, ed Eugenio Chiostri, figlio della sorella Virginia che aveva sposato il cugino Tebaldo Chiostri, sono tutti pittori. Carlo Chiostri partecipa alle mostre collettive annuali come pittore ma come illustratore collabora a Scena Illustrata e con numerose case editrici fiorentine, per le quali fornisce le vignette alla nascente industria del libro per ragazzi. Tuttavia tanta operosità non gli valse né la fama né la fortuna, come ricorda Piero Bernardini, che lo descrive "curvo sul piccolo tavolo, forse d'inverno con lo scaldino tra le gambe" produrre figurine su figurine, perchè "bisognava farne parecchie dozzine ... per tirare fuori la settimana". Antonio Faeti lo descrive come un misantropo, chiuso nello studio a dipingere, "uomo scarno e silenzioso, dal viso pallido e scavato con una breve barba e un paio di baffi sottili, e antichi occhiali"; schivo di rapporti sociali, ma fanatico di sedute spiritiche e votato al buddismo. Chiostri, che muore povero e misconosciuto, è oggi molto rivalutato ed il suo nome è legato alle illustrazioni dei più famosi testi per ragazzi, tra i quali il Pinocchio edito da Bemporad nel 1901. Per le case editrici Salani e Bemporad illustra moltissimi testi, e perfino una copertina del Giornalino della Domenica, quest'ultima in uno stile bidimensionale completamente diverso dal suo proprio.
I dettagli della biografia di Carlo Chiostri e delle sue figlie sono reperibili nel volume
STORIA DELLA BIBLIOTECA DEI MIEI RAGAZZI di Anna Levi.




Carolina Invernizio,
La vendetta d'una pazza
,
Salani, rist. 1919
cover e ill. interne
di Carlo Chiostri
Ida Baccini,
Le memorie di un pulcino
,
Bemporad, rist. 1914
frontespizio
illustrazioni di Carlo Chiostri


La Regina delle Fate,
Fiabe dei migliori scrittori italiani e stranieri raccolte da Adriano Salani
Salani, 1903 (rist. 1905, 1911, 1922)
Illustrazioni interne di Carlo Chiostri, incisioni di Manzano



Enrico Sienkewitz,
Natura e vita
,
Salani 1901
ill. di Carlo Chiostri
Emil Zola,
Maddalena Ferat
,
Salani 1903
ill. in antiporta di Carlo Chiostri



CISARI, GIULIO (1892 - 1979)

Giulio Cisari nasce a Como il 7 maggio 1892 da Giovanni Battista e Clorinda Del Torre. Si diploma in architettura all'Accademia di Brera, dove studia pure pittura e scultura. Frequenta anche la Scuola superiore applicata all'industria e per un certo tempo insegna, ma poi si dedica esclusivamente all'attività artistica. Ufficiale volontario nei bersaglieri nella prima e capitano nella seconda guerra mondiale, merita decorazioni al valore; si ispirano alle vicende belliche numerose sue opere. Dapprima paesaggista, è attratto dall'innovativo b/n di Adolfo de Carolis, suo maestro, di cui tramanda lo stile. E' esperto in tutte le tecniche di riproduzione, dalla litografia all'incisione su rame, e trova nella xilografia la sua espressione ottimale, tanto da compilare nel 1926 un manuale teorico-pratico, La xilografia, pubblicato da Hoepli nella famosa collana dei manuali. E' scenografo e cartellonista ma soprattutto illustratore per l'editoria con oltre un migliaio di copertine per varie case editrici (Treves, Barbera, Bemporad, SEI, Vallardi, Mondadori, e le edizioni musicali di Ricordi). Disegna anche manifesti, cartoline, etc. Non tralascia di esporre alle principali mostre nazionali ed estere (dal 1911 infatti partecipa a quasi tutte le rassegne e concorsi d'arte vincendo numerosi premi), e suoi quadri sono conservati alla Galleria d'Arte moderna di Milano e agli Uffizi a Firenze. E' cavaliere per meriti di guerra, commendatore per meriti artistici e cavaliere del Sovrano Ordine di Malta e del S. Sepolcro, membro dell'Accademia di Brera dal 1919, socio fondatore e vicepresidente Incisori d'Italia e Lauréat du travail de première classe a Bruxelles per meriti artistici e pubblicitari. Muore a Milano il 28 marzo 1972.
Nel 1936 sposa Nella Massione da cui avrà la figlia Bianca. Pittrice affermata, particolarmente versata nell'acquerello, nasce a Bergamo nel 1904, studia all'Accademia di Brera, espone in diverse mostre personali in Italia, Francia e Inghilterra. Vince numerosi premi (1926, 1927, 1951) e insieme con il marito vince il concorso per il cartellone della XX Biennale di Venezia.

Giuseppe Fanciulli,
Fiore
,
Bemporad, 1930
cover di Giulio Cisari
Giuseppe Fanciulli,
Fiore
,
Bemporad, 1930
frontespizio di Giulio Cisari
(courtesy D. Legnani)

Sin: il cartellone per la XIII Biennale di Venezia, 1922; ds: quello della XX Biennale,
realizzato nel 1936 insieme con la moglie, ma la firma è solo di Giulio Cisari



si veda anche l'articolo:
"Dal fondo Giulio Cisari del Centro Apice dell’Università degli studi di Milano"
CHARTA n°134 Anno XXIII, lug-ago 2014
a cura di Marta Sironi

Illustrazioni di Giulio Cisari per il libretto di Turandot, Ricordi, 1928
(courtesy D. Legnani)

Annie Vivanti, Marion,
Mondadori, 1928
G. Cisari illustra tutte le cover di
questa collana Mondadori
(Anni Venti e Trenta),
caratterizzata dal format identico per ciascun volume (il riquadro al centro)
Giovacchino Forzano,
Ginevra degli Almieri,
(melodramma in tre atti)
ed. Ricordi, 1937
cover di Giulio Cisari

Johanna Spyri,
Heidi,
Vallardi, 1951
ill. di Giulio Cisari
Giulio Cisari,
La xilografia,
Hoepli, 1926

A. Rossato - R. Zandonai
Giuliano,
Ricordi, 1928
cover di Giulio Cisari
A. Rossato - R. Zandonai
Giuliano,
Ricordi, 1928
frontespizio di Giulio Cisari
(courtesy D. Legnani)

I. M. Ramseyer, I nostri amici alati, Paravia, 1938
per la collana "La Nuova Ghirlanda" diretta da Maria Bersani
illustrazioni interne di Nella e Giulio Cisari
(courtesy D. Legnani)


CORCOS, VITTORIO (1859 - 1933)





E. Pistelli, Le pistole d'Omero, Bemporad, 1923
cover di V. Corcos, figurine interne di Filiberto Scarpelli


Vittorio Corcos in una foto del 1900
L. Capuana,
Il Raccontafiabe,
Bemporad, 1
894
cover di V. Corcos,
ill. interne di Enrico Mazzanti
ed Eugenio Cecconi
V. Corcos,
M.lle Leprince
Belforte, 1901
Collezione "Elena" con
prefazione di Guido Biagi


V. Corcos,
M.lle Leprince

ill. interne
L'illustrazione a sin. rappresenta M.lle Leprince,
quella di ds. correda il racconto "Jeannette".
Si noti la somiglianza di quest'ultimo con il famoso dipinto "La morfinomane".

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